Guida Medica Il Meddico in Casa.

Metodo di Emerson (A); metodo di Sylvester (B)

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Ministero della Salute

Istituto Superiore di Sanità I. S. S. Salute del Cittadino

Il Medico in Casa

Introduzione Annegamento Asfissia Avvelenamenti Cinetosi Colica Appendicolare Colica Epatica Colica Renale Commozione Cerebrale Convulsioni Corpi Estranei

Diarrea Distorsione Dolori Edema Emorra Ematenesi Ematuria Emottisi Epistassi Melena Metrorragia Otorragia

Ernia Strozzata Febbre Ferite Folgorazione Foruncoli Fratture Cranio Mascella Inferiore Clavicola Costole Colonna Vertebrale Braccia Gambe

Gambe Funghi Velenosi Gastrite Acuta Geloni Intirizzimento Ictus Insonnia Lussazioni Mal di Testa Morsi di Animali

Nevralgie Occlusione Intestinale Otite Peritonite Punture di Insetti Prurito Reumatismi Shock Traumatico Singhiozzo Stitichezza Suppurazione

Svenimento Ustioni Vaneggiamento Vomito

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MEDICINA - GUIDA MEDICA - IL MEDICO IN CASA

INTRODUZIONE

Molte sono le occasioni - disturbi locali o generali, malattie, infortuni - nelle quali è opportuno intervenire prontamente con semplici cure a volte sufficienti, a volte provvisorie o preparatorie in attesa dell'arrivo del medico o dell'autoambulanza. Ma una male intesa divulgazione di metodi e di mezzi diagnostici e terapeutici suscita spesso nel pubblico la presunzione e la pretesa di sostituirsi al medico, e chi ne fa le spese è quasi sempre il malato. Per evitare tale rischio, le nozioni di pronto soccorso sono qui ridotte all'essenziale, ossia a ciò che ognuno deve sapere e può fare, anche se è privo di preparazione specifica. L'errore più grave è la somministrazione di medicinali senza prescrizione medica o affidandosi ai consigli di «praticoni» o di farmacisti poco scrupolosi. Tenendo conto anche di questo pericolo e per non contribuire ad alimentare la moderna mania di utilizzare i medicinali in modo incontrollato, si è ritenuto opportuno limitare le indicazioni farmacologiche ai rimedi più semplici e innocui fra quelli, che per la loro utilità immediata, non devono mai mancare nella farmacia domestica.

Con queste necessarie premesse ha inizio la sezione intitolata Il medico in casa.

ANNEGAMENTO

È una asfissia dovuta a penetrazione di acqua nelle vie respiratorie. La pelle assume un colore bluastro. Negli annegati occorre iniziare la respirazione artificiale, dopo una rapida pulizia del retrobocca, al più presto possibile, magari quando l'infortunato è ancora in acqua. Le possibilità di successo aumentano quanto più rapido è stato il salvataggio ed efficaci le manovre di respirazione artificiale. E bisogna tener conto anche della differenza che corre tra l'annegamento in acqua dolce e l'annegamento in acqua di mare.

Infatti nell'annegamento in acqua dolce si ha la penetrazione quasi istantanea nella circolazione sanguigna di una grande quantità di acqua la quale, determinando una brusca diminuzione dei sali nel sangue, può causare al cuore una fibrillazione ventricolare irreversibile e quindi mortale. Ne consegue la particolare gravità della sommersione in acqua dolce, anche se l'infortunato viene estratto prontamente dall'acqua.

Nella sommersione in acqua marina si verifica uno squilibrio fisico-chimico sanguigno che è, sotto certi aspetti, l'inverso del precedente: infatti l'acqua di mare, carica di sali, penetrando nelle vie respiratorie, richiama un flusso di plasma negli alveoli polmonari e quindi determina una forte concentrazione sanguigna. Parallelamente alla trasudazione plasmatica dai capillari sanguigni agli alveoli polmonari, si produce una corrente anche in senso opposto, ossia l'immissione nel sangue di sali dell'acqua marina. Il cuore, quindi, non entra in fibrillazione: e la sopravvivenza dell'infortunato è nettamente più lunga che di quello sommerso in acqua dolce.

La respirazione artificiale bocca-bocca o meglio bocca-naso, quantunque possa essere sgradevole per il soccorritore, è quella che dà i risultati migliori e più rapidi. Altri metodi di respirazione artificiale che si eseguono con l'infortunato in decubito ventrale (cioè pancia a terra) sono efficaci anche perché facilitano la fuoriuscita dell'acqua penetrata nelle vie respiratorie. Se contemporaneamente all'arresto respiratorio si verifica pure l'arresto dell'attività cardiaca, bisogna ricorrere immediatamente al massaggio cardiaco.

Quando si soccorre un annegato, mentre si pratica la respirazione artificiale occorre sempre far chiamare un medico. Da qualche anno esistono organizzazioni, nelle località balneari, che dispongono di automezzi con respiratori meccanici, apparecchi per la defibrillazione cardiaca e personale specializzato. La prevenzione degli annegamenti deve puntare soprattutto sui pericoli dei bagni in acqua dolce, in particolare nei canali, nelle cave, negli stagni, dove le condizioni ambientali sono spesso le più insidiose.

ASFISSIA

L'asfissia può essere provocata sia da un apporto insufficiente di aria respirabile (soffocazione, annegamento, corpi estranei nella gola, nella trachea, nei bronchi, veleni o altre sostanze che provocano paralisi delle vie respiratorie) sia dall'azione di un gas nocivo (ossido di carbonio, ecc.) sia dall'arresto dei centri nervosi della respirazione (folgorazione). Una causa di soffocamento del tutto moderna sono i sacchetti di plastica che il bambino si infila in testa per giocare: 5 rimedio tempestivo è la respirazione artificiale che nell'infanzia riesce più spesso efficace, data la piccolezza e l'elasticità della gabbia toracica.

Per soccorrere l'intossicato da gas, aerare anzitutto la camera dove egli si trova, ripararsi la bocca e il naso con un fazzoletto e trasportarlo fuori rapidamente. In caso di folgorazione, interrompere il flusso di corrente elettrica prima di toccare l'infortunato; altrimenti cercare di togliergli il contatto con un oggetto di legno secco lungo almeno un metro, oppure con una corda secca lunga cinque metri circa; non far uso di alcun oggetto metallico e avere le mani bene asciutte. Per gli annegati, far loro rigurgitare, prima di tutto, l'acqua che hanno ingerito. Per le vittime di avvelenamenti, farli vomitare, dopo avere effettuato la respirazione artificiale.

Se l'asfissia provoca un semplice svenimento, spruzzare l'infortunato con acqua fredda o fargli respirare aceto forte. Se la ripresa della respirazione non avviene, stendere rapidamente l'infortunato: sul dorso, con la testa sollevata, se la pelle è bluastra; con la testa abbassata se la pelle è pallida. Se si tratta di un annegato o di un intossicato, il corpo va girato su un fianco. per permettere il rigetto dell'acqua o delle sostanze ingerite. Praticare al più presto la respirazione artificiale secondo il metodo più indicato dall'infortunio. Le manovre di respirazione artificiale e di massaggio cardiaco devono essere continuate a lungo senza interruzione, sempre con lo stesso ritmo, fino all'arrivo del medico.

[Figura: Manovre di pronto soccorso per casi di asfissia da corpo estraneo, da soffocamento, da annegamento, da intossicazione di ossido di carbonio, da folgorazione. A. Metodo di Emerson. 1º tempo, espirazione: infortunato disteso sul ventre. 2º tempo, inspirazione: sollevamento delle anche che consente l'espansione della parete addominale e l'abbassamento del diaframma. B. Metodo di Sylvester. 1º tempo, inspirazione: l'infortunato steso sul dorso, afferrargli gli avambracci ed estenderli indietro, lungo e oltre la testa. 2º tempo, espirazione: ripiegare le braccia dell'infortunato sul torace e appoggiarle sulla parete toracica premendo con forza.]

Metodo di Emerson (A); metodo di Sylvester (B)

Metodo di Emerson (A); metodo di Sylvester (B)

AVVELENAMENTI

Ci si riferisce qui agli avvelenamenti più comuni, cioè a quelli provocati dall'ingestione di sostanze tossiche come detersivi, insetticidi, smacchiatori, medicinali in quantità eccessiva ecc. I sintomi sono quasi sempre acuti: in genere, si deve sospettare un avvelenamento quando una persona, prima in buona salute, è assalita improvvisamente da vomito, malessere, dolori violenti, sudori più o meno profusi o freddi. Il pronto soccorso deve essere molto rapido, cioè tendere a limitare al massimo, nel minor tempo possibile, l'azione dannosa del veleno mentre si attende l'intervento dei medico.

Occorre conoscere al più presto il tipo di veleno ingerito: se l'avvelenato è un bambino non ancora in grado di esprimersi o comunque un individuo in stato di incoscienza, il colore, l'odore o altre caratteristiche della sostanza contenuta nel materiale vomitato, oppure dell'alito, possono essere molto indicativi. Si tenga presente che gli avvelenamenti da sostanze caustiche (detersivi, acidi, ecc.) lasciano sulle labbra e sulla lingua arrossamenti, desquamazioni, ustioni e altri segni evidenti. Alcuni veleni vengono assorbiti rapidamente, altri in modo lento e graduale; alcuni danno manifestazioni rapide, altri dopo ore o giorni.

Il pronto soccorso consiste anzitutto nel liberare il tubo digerente dal veleno provocando il vomito se questo, come avviene in molti avvelenamenti, non insorge spontaneamente. Fra i mezzi usati a tale scopo, il più semplice consiste nell'introdurre due dita in gola all'infortunato tenendogli divaricata la bocca per mezzo di un oggetto posto fra le mascelle. Oppure, dopo avergli fatto aprire la bocca, gli si tocca l'ugola e le fauci con una striscia di carta o una matita o una penna di pollo. Se non si riesce ad aprire la bocca dell'infortunato, si introduce in una delle narici uno di questi oggetti in modo da provocare egualmente vomito. Lo stesso risultato si ottiene facendo bere in abbondanza acqua calda salata: un cucchiaio da tavola di sale in un bicchiere d'acqua, da ripetere fino a ottenere l'effetto voluto. Si tenga però presente che il vomito non è indicato quando si tratti di veleni caustici, oppure quando vi sono segni di debolezza cardiaca.

Per calmare le sofferenze di un avvelenato è utile evitare il raffreddamento delle mani e dei piedi con bottiglie o borse di acqua calda, mattoni caldi, ferri da stiro caldi, ecc. Quando il veleno provoca forti dolori al tubo digerente, si possono somministrare pezzetti di ghiaccio. Per calmare i sintomi di eccitazione nervosa, sono utili la borsa di ghiaccio o compresse di acqua calda sul capo. Nei casi di grave debolezza cardiaca, si somministrino alcoolici (grappa, cognac, whisky, rhum) caffè caldo, amaro e forte. Possono essere utili anche aspersioni di acqua fredda sul capo, frizioni secche con panni bagnati in acqua fredda e poi strizzati. In alcuni casi è utile anche l'inalazione di ammoniaca: farne cadere qualche goccia su un fazzoletto e non accostare al naso del paziente il flacone che la contiene per non correre il rischio di provocargli ustioni. Tutti gli altri provvedimenti terapeutici (purgante, lavanda gastrica, iniezioni, somministrazione di un antidoto o contravveleno) sono di stretta competenza del medico. Perciò le cure indicate nella tavola sinottica pubblicata in questa pagina e nella precedente sono solo sommariamente informative.

CINETOSI

Si tratta di quell'insieme di disturbi (malessere, pallore, sudorazione profusa, vertigini, nausea, vomito) che i mezzi di trasporto - treno, automobile, nave, aereo - provocano su individui, specialmente bambini, che presentano una ipereccitabilità neurovegetativa, talvolta come squilibrio vago-simpatico. La cura è essenzialmente preventiva: se il viaggio è breve, occorre che la persona soggetta a cinetosi non abbia mangiato né bevuto; se invece è lungo, l'alimentazione prima della partenza deve consistere in un pasto leggero a base di cibi solidi. Un quarto d'ora circa prima di salire sul veicolo, somministrazione di una compressa a base di antistaminici. Durante il viaggio, si possono adottare alcuni accorgimenti: buona aerazione, sedersi accanto al guidatore se si viaggia in automobile, scegliere un posto centrale se si viaggia in treno, in nave o in aereo.

COLICA APPENDICOLARE

È un attacco acuto di appendicite, cioè originato da infiammazione dell'appendice vermiforme (un diverticolo dell'intestino cieco) provocata da germi e più frequente in individui giovani. I sintomi della colica appendicolare sono: dolore fortissimo che si diffonde a tutto il quadrante inferiore destro dell'addome e aumenta alla respirazione e alla palpazione, rigidità muscolare nella stessa regione, nausea, vomito, stitichezza, febbre anche alta. L'appendicite può risolversi spontaneamente o passare allo stato cronico o provocare la formazione di un ascesso o la peritonite cioè l'infiammazione del peritoneo che in forma acuta è sempre molto grave.

La cura delle forme lievi di colica appendicolare (stato generale buono, febbre moderata) si basa sul riposo a letto, dieta assoluta (né mangiare, né bere, ma solo umettarsi le labbra di tanto in tanto) calmanti (15-20 gocce di laudano in un cucchiaino di zucchero se i dolori sono forti) borsa di ghiaccio in permanenza sull'addome. Evitare assolutamente i purganti; per combattere la stitichezza, praticare clisteri oleosi. L'intervento del medico è sempre urgente.

Nella forma acuta (brividi, febbre alta, polso frequente, forte dolore diffuso a tutto l'addome, vomito) l'unica terapia possibile è la chirurgica.

Nel frattempo, sorvegliare con molta cura il polso, il respiro e il decorso della colica appendicolare per scoprire all'inizio eventuali complicazioni peritoneali. Tenere il malato nella più assoluta immobilità riducendo al minimo anche i suoi movimenti per le evacuazioni urinaria e intestinale, mantenere la borsa sull'addome con pezzi di ghiaccio non troppo grossi.

COLICA EPATICA

È provocata generalmente dal passaggio di un calcolo formato dalla bile nella vescichetta biliare oppure da forme infiammatorie della cistifellea. Spesso si verifica cinque o sei ore dopo il pasto della sera. La crisi, brusca e molto dolorosa, si manifesta in corrispondenza dell'arcata costale destra e si irradia alla spalla dello stesso lato. È seguita da vomito contenente alimenti e bile, sudore profuso ed eventualmente febbre. La colica epatica può durare anche 24 ore e comunque cessa bruscamente. Spesso è seguita da ittero, cioè da una colorazione gialla della pelle. Il pronto soccorso consiste nell'applicare compresse caldo-umide in corrispondenza del fegato o nel praticare un bagno caldo generale. Non somministrare cibi né bevande; praticare, se il dolore è molto forte e se il medico lo ritiene opportuno, iniezioni calmanti. Niente purganti, restare a letto almeno 48 ore e dapprima bere solo acqua (un mezzo bicchiere per volta). Il giorno dopo, brodo di verdura e progressivamente purea, frutta cotta. Niente grassi, uova, salumi, fritture. Chiedere la visita medica appena possibile.

COLICA RENALE

È provocata solitamente dal passaggio, dal bacinetto renale, di calcoli formati dai sali urinari che bloccano l'uretere. Il primo sintomo è costituito da un dolore brusco ed intollerabile nella regione lombare che si estende verso la coscia, accompagnato da nausea, vomito, accelerazione del polso, urine diminuite ma emesse di frequente, stitichezza, ma niente febbre. La crisi dura qualche ora e cessa bruscamente. Applicare sulla regione dolente compresse caldo-umide dopo avere fatto prendere, se possibile, un bagno caldo prolungato. Su indicazione del medico, iniezione calmante. Raccogliere e conservare le urine emesse dal malato subito dopo la crisi perché possano essere esaminate e analizzate. Riposo a letto per 48 ore, dieta idrica abbondante, poi brodo e latte allungato. Riprendere l'alimentazione gradualmente evitando per qualche tempo grassi, carne, pesce, uova, legumi, caffè, alcool. Il controllo medico è sempre necessario.

COMMOZIONE CEREBRALE

È una brusca diminuzione funzionale del sistema nervoso che si manifesta in seguito a un trauma del cranio. I sintomi sono perdita improvvisa della coscienza, pallore, polso raro o irregolare, perdita della sensibilità, dei movimenti volontari e dei riflessi, dilatazione della pupilla, respiro rallentato o irregolare, a volte vomito e perdita delle feci e delle urine.

La perdita di coscienza è quasi sempre completa, la sua durata può essere varia, da pochi secondi o minuti, a volte anche alcune ore. Il ritorno dei sensi è a volte rapido, a volte graduale attraverso uno stato di ottundimento, di confusione. Non infrequente è l'amnesia dell'incidente e delle circostanze che lo hanno determinato. Quando la commozione cerebrale è stata di breve durata, di solito non lascia conseguenze; se invece la perdita di coscienza si è protratta per alcune ore, può lasciare per molto tempo disturbi della memoria, dell'ideazione e dell'attenzione, mali di testa, vertigini, spossatezza, ecc.

L'individuo che ha subito un trauma cranico va tenuto a riposo assoluto, in posizione orizzontale e avvolto con una coperta di lana, anche se apparentemente non ha subito danno al cervello e quindi non si trova in stato di incoscienza. Se vi è ferita alla testa, medicare con grande cautela senza insistere troppo nel voler pulire o disinfettare a fondo, porre sopra la ferita un tampone di garza sterile, cotone idrofilo e fasciare; applicare una borsa di ghiaccio sulla testa.

Se l'infortunato ha vomito, voltare con cautela la testa da un lato per evitare che il materiale espulso possa venire aspirato in trachea; allo stesso scopo, può essere opportuno tenere l'infortunato con la testa voltata all'ingiù, più bassa del corpo, in attesa dell'arrivo del medico. Fino a quando vi è perdita di coscienza, non bisogna mai tentare la rianimazione somministrando alcoolici, caffè o altri liquidi perché essi possono penetrare nelle vie respiratorie.

CONVULSIONI

Sono contrazioni involontarie e incoordinate dei muscoli di una parte o di tutto il corpo, di durata più o meno lunga, e hanno cause svariate. Cerebrali, come isterismo, epilessia, meningite, sifilide, tumori. Riflesse, come coliche viscerali e, soprattutto nei bambini, tetania, disturbi gastrici, otite, parassiti intestinali, traumi. Infettive, come malattie esantematiche fortemente febbrili, tifo, tetano. Tossiche endogene, come diabete, uremia, eclampsia. Tossiche esogene, come alcoolismo, avvelenamento da piombo o da stricnina.

L'assistenza consiste nel lasciare che il malato si dibatta liberamente, steso dove si trova se è difficile trasportarlo. Importante è evitare che si faccia del male urtando o mordendosi la lingua: a questo scopo, mettergli fra i denti un pezzo di gomma o un oggetto avvolto in una pezzuola. Slacciargli gli abiti, specialmente intorno al collo, svestirlo se possibile. Applicare la borsa di ghiaccio o compresse fredde sul capo, vigilare le condizioni del polso e del respiro, non dare niente da bere. Quando la crisi è terminata, un bagno caldo (35° C) per 15-20 minuti. La visita medica è sempre necessaria per accertare la causa delle convulsioni.

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CORPI ESTRANEI

Nelle cavità naturali dell'organismo possono penetrare accidentalmente corpi estranei che provocano disturbi più o meno accentuati. I casi più comuni e più importanti da considerare sono quelli che interessano le vie respiratorie, l'occhio e l'orecchio.

Gli incidenti più frequenti per introduzione di corpi estranei nelle vie respiratorie hanno per protagonisti i bambini. Liquidi o frammenti di cibo possono provocare accessi di soffocazione perché il bambino, soprattutto nel periodo della prima infanzia, ha inghiottito troppo in fretta o non è stato tenuto ben verticale durante il pasto: in questi casi, egli riesce quasi sempre a liberarsi con la tosse; ma se questa persiste, occorre portarlo subito in ospedale.

Se invece si tratta di un oggetto, si può tentare di estrarlo subito nel caso che sia visibile, cioè all'inizio della gola. Una manovra spesso efficace consiste nel capovolgere rapidamente il bambino tenendolo per i piedi e introducendogli due dita in bocca per facilitare l'espulsione del corpo estraneo. Ma se questi tentativi, che non devono durare più di uno o due minuti, risultano inefficaci, bisogna trasportare immediatamente il bambino al più vicino ospedale senza perdere tempo per chiamare l'autoambulanza. Il ricovero ospedaliero urgente è necessario anche nel caso che, non avendo espulso il corpo estraneo, l'infortunato riesca a respirare con difficoltà.

L'occhio, a sua volta, può venire irritato da corpi estranei (granelli di polvere, piccoli insetti, particelle di varia provenienza) che provocano un attrito più o meno forte fra la sua superficie e la palpebra, determinando strizzamento palpebrale e lacrimazione. Far sedere l'infortunato, tirare verso il basso la palpebra inferiore per ispezionarla internamente, invitando il soggetto a guardare verso l'alto. Se non si trova nulla, rivoltare la palpebra superiore afferrandola per le ciglia prese fra il pollice e l'indice della mano destra, mentre il soggetto rivolge lo sguardo più in basso che gli è possibile. Con l'altra mano, applicare un'asticciola (per esempio, un fiammifero) un po' al di sotto del bordo palpebrale; esercitare una trazione leggera sulle ciglia alzandole in avanti rispetto all'asticciola tenuta con la mano destra; mantenere la palpebra così alzata contro il bordo superiore dell'orbita con il pollice della mano sinistra; togliere l'asticciola e procedere all'esame. Quando questo è terminato, riportare la palpebra nella posizione normale delicatamente, con un dito. Per mezzo di un angolo di garza piegata in due spingere dolcemente verso l'esterno il corpo estraneo quando esso è superficiale e mobile. Instillare due gocce di collirio. Se il corpo estraneo è difficile da rimuovere, chiamare al più presto un medico.

La penetrazione di corpi estranei nel naso può essere dovuta a varie cause. I bambini, in particolare, introducono talvolta per gioco sassolini, palline, noccioli di frutta e altri oggetti nelle cavità nasali; altre volte la penetrazione è violenta, come nelle lesioni provocate da caduta su sterpi, canne o altri corpi aguzzi che, rompendosi, possono rimanere nel naso; altre volte ancora si tratta di corpi estranei animati, cioè di insetti che penetrano nel naso e non muoiono o addirittura vi sopravvivono e prolificano.

L'estrazione del corpo estraneo, sempre necessaria anche se questo non dà disturbo, è agevole o ardua a seconda della sua grandezza, della sua forma e della sua posizione; è necessaria anche la disinfezione locale mediante instillazione, a meno che l'emorragia derivante dal trauma non abbia reso necessario un tamponamento nasale. Se l'estrazione non è ottenuta facendo soffiare il naso all'infortunato (tenendogli contemporaneamente chiusa la narice libera) oppure mediante una pinzetta disinfettata, occorre eseguire una manovra delicata che va affidata al medico.

Può anche accadere che l'incidente avvenga a un bambino non ancora in grado di esprimersi o che teme i rimproveri dei genitori: in tal caso, se egli non è riuscito a liberarsi da solo, dopo qualche giorno presenterà occlusione della fossa nasale con modico gonfiore e dolore della piramide nasale ed eventualmente lieve emorragia. Quando questi sintomi appaiono in un bambino, specie in modo unilaterale, si può sospettare che egli abbia un corpo estraneo nel naso.

Nell'orecchio possono penetrare corpi estranei sia perché introdotti per gioco, come avviene ai bambini, sia per disgrazia, sia spontaneamente come nel caso di insetti. Tutti questi corpi estranei inanimati o animati possono provocare dolore, lieve sordità, vertigine, nausea ecc. Quando si tratta di corpi estranei non incastrati, la loro fuoriuscita si può provocare con un getto di acqua tiepida eseguito per mezzo di una pompetta. Se si tratta di insetti, bisogna ucciderli preventivamente con instillazione di alcool o di etere e poi asportarli con un getto d'acqua o con una pinza ben disinfettata da maneggiare con precauzione anche per togliere dall'orecchio un corpo estraneo inanimato.

Come facilitare l'espulsione dei corpi estranei

Come facilitare l'espulsione dei corpi estranei

DIARREA

È caratterizzata dalla emissione di feci liquide o semiliquide e dalla frequenza esagerata delle evacuazioni che superano il limite normale di una o due al giorno. La diarrea può essere dovuta a sostanze alimentari inadatte per qualità e quantità oppure avariate, a putrefazione intestinale, a sostanze tossiche (funghi velenosi, arsenico, rame, mercurio) a malattie infettive (tifo, dissenteria ecc.) a malattie nervose o semplicemente a un colpo di freddo.
Se la diarrea è senza febbre, si tratta generalmente di una comune intolleranza alimentare o di un raffreddamento. Cessa nel giro di 2-4 giorni. Stare a letto con una borsa o una bottiglia di acqua calda sul ventre, sospendere l'alimentazione e bere solo acqua. Al terzo giorno, se la diarrea è cessata, brodo di verdure e carne ai ferri. Se la diarrea continua, può trattarsi di una intossicazione: cercarne la causa perché il medico, da chiamare senza indugio, possa prescrivere la cura appropriata.
Se la diarrea è accompagnata da febbre, sospettare una infezione o la presenza di parassiti intestinali. Sospendere l'alimentazione, bere solo acqua in abbondanza e chiamare subito il medico.
La diarrea è molto frequente nella prima infanzia, specialmente nei lattanti durante lo svezzamento. Può essere provocata da alimentazione eccessiva, calore estivo, abuso di farinacei, malattie infettive, fattori costituzionali. È un sintomo da non prendere alla leggera; perciò, se dura più di un giorno, occorre chiedere subito la visita medica, sospendere del tutto l'alimentazione (latte compreso) e somministrare al bambino soltanto acqua. Una iniziativa materna molto pericolosa è dare al bambino diarroico un purgante o fargli un clistere o somministrargli un «astringente» intestinale.

DISTORSIONE

Comunemente detta «storta», è lo stiramento di una articolazione a causa di un movimento forzato o di una contrazione muscolare violenta; ma le ossa non restano fuori posto come nella lussazione. I sintomi principali sono: forte dolore, gonfiore che aumenta gradualmente, difficoltà di movimento. La cura consiste nell'immergere a lungo la parte colpita in acqua corrente fredda, oppure applicarvi compresse di acqua fredda o di acqua vegeto-minerale, Il dolore aumenta nei primi minuti e poi si va lentamente attenuando. Quindi si fa un'ampia pennellatura con tintura di iodio, si immobilizza l'articolazione e la si protegge con una abbondante fasciatura compressiva da togliere pochi giorni dopo. Se le difficoltà di movimento persistono, praticare massaggi e cure fisiche (raggi infrarossi, ultravioletti, ecc.).

DOLORI

Possono assumere svariati aspetti. In generale rivelano la parte del corpo dove si trova un disturbo da combattere.

La cura più appropriata è quella della causa che ha provocato il dolore, ma poiché spesso essa non può essere conosciuta subito o l'effetto delle cure può ritardare, si ricorre anzitutto a dei semplici rimedi sintomatici e palliativi: a seconda dei casi, applicazione sulla regione dolente di compresse caldo-umide o fredde o di una borsa di ghiaccio, o di una borsa o di una bottiglia di acqua calda. Utile è anche la somministrazione di una o due compresse di aspirina, Per i dolori molto forti, se il medico lo consente, iniezioni di cloridrato di moda. Per i dolori acuti o persistenti, è buona norma ricorrere sempre al medico.

I dolori di testa possono essere il sintomo di svariate malattie, ma il più delle volte si manifestano senza causa evidente e in assenza di febbre: in queste eventualità, ricercarne la causa che può essere, per esempio, un disturbo digestivo, una intossicazione, una insolazione, una ipertensione arteriosa, ecc. In ogni caso, mettere il malato a riposo in un ambiente dove è stata fatta semioscurità applicargli sulla fronte una compressa di acqua fredda da rinnovare spesso, mantenerlo a dieta idrica e, se si tratta di un adulto, somministrargli da una a quattro compresse di aspirina nelle 24 ore. Se il mal di testa si prolunga o si aggrava, chiedere la visita del medico.

Quando il naso e il labbro superiore dolgono e sono accompagnati da gonfiore e infiammazione, può trattarsi di un foruncolo da non trascurare perché potrebbe propagare la sua infezione alle vene cerebrali. Spesso i foruncoli del naso e del labbro superiore provocano fin dall'inizio forte gonfiore, dolore vivo, febbre elevata. Nelle prime dodici ore, provare a farli «maturare» con toccamenti di tintura di iodio o applicazione di pomata antibiotica. Se il tentativo non riesce, disinfettare tre volte al giorno con acqua ossigenata e non premere mai i foruncoli. Per calmare i dolori, ricorrere a compresse di aspirina. La cura più sicura, e da praticare già nel secondo o terzo giorno dalla apparizione del foruncolo, è la penicillina per iniezione che deve essere comunque prescritta dal medico.

I dolori all'interno della bocca sono provocati il più delle volte da infiammazione della gengiva o da un dente cariato o da nevralgia. Se anche l'interno delle guance e la lingua fanno male e presentano arrossamenti, gonfiori, lesioni, può trattarsi di una stomatite.

I dolori di denti sono provocati il più delle volte da una carie e la gengiva può presentare segni di infiammazioni che, se persiste e si estende, genera un ascesso che fa gonfiare la gengiva e la guancia. A seconda della intensità del dolore, somministrare compresse di aspirina. Se la carie è visibile, sciacquarsi la bocca e pulire la cavità con uno stuzzicadenti, poi otturarla con un tampone di ovatta imbevuto di liquido odontalgico e rinnovarlo dopo qualche ora, se necessario. Oppure sciacquarsi la bocca più volte con una soluzione di due compresse di cloramina sodica in mezzo litro di acqua bollita tiepida, poi pennellare leggermente la gengiva con tintura di iodio. Può essere utile anche applicare sulla guancia una compressa umida. Ricorrere al più presto possibile al dentista per le cure ulteriori che sono sempre necessarie.

Il mal di gola si avverte particolarmente inghiottendo: abbassare la lingua con il manico di un cucchiaio e osservare se si tratta di una tonsillite o comunque di una angina, cioè di una infiammazione della gola. Se la mascella è contratta, può trattarsi di una infiammazione dei muscoli o dei nervi a causa, per esempio, di un dente del giudizio che stenta a spuntare. Nei casi semplici, la cura consiste nel ricorrere a qualche compressa di aspirina, nel praticare bagni tiepidi della bocca o gargarismi con antisettici leggeri allungati in acqua. Nel caso di dolori violenti, in particolare di dolori nevralgici o provenienti dall'orecchio (otite) introdurre nell'orecchio un piccolo tampone di ovatta imbevuta di cloroformio o di cloruro di etile per ottenere un sollievo immediato anche se momentaneo.

I dolori al petto, se sono piuttosto brucianti, possono indicare una bronchite; violenti, forti e localizzati nella regione delle mammelle, possono essere sintomo di polmonite; accentuati dalla respirazione e dalla tosse, di pleurite; se si manifestano all'improvviso verso la parte sinistra, dietro lo sterno, e si estendono verso il braccio sinistro: possono essere sintomo di angina di petto, e se si prolungano, di infarto del miocardio. Soprattutto in questi ultimi casi il ricorso al medico è urgentissimo.

Il mal di stomaco ha cause multiple: alimentari, provocate da un eccesso o un difetto di succo gastrico, da un'ulcera o da un tumore. Il dolore, localizzato principalmente nella parte media dell'addome, consiste in bruciore, crampi, senso di pesantezza, di gonfiore ecc. Può essere di intensità variabile, prima o dopo il pasto, essere o no calmato dagli alimenti o dal vomito, coincidere con diarrea o con dimagramento. Occorre fare attenzione a queste condizioni per riferirle al medico nel caso che i disturbi si protraggano.

In attesa del medico, se si tratta di bruciori somministrare, durante le crisi, da 2 a 6 compresse di bicarbonato di sodio sciolte in acqua; se essi persistono, somministrare, 15 minuti prima dei pasti, carbonato di bismutaolino diluito in latte. Per i crampi, mettere una borsa d'acqua calda o compresse calde sulla regione gastrica. Se si tratta di un vero e proprio dolore di stomaco (gastralgia) riposo assoluto, borsa calda o compresse calde sulla regione gastrica. Nella gastralgia dovuta ad eccessiva ingestione di cibi, bevande ghiacciate o a forme nervose, sono utili, oltre che applicazioni calde in corrispondenza dello stomaco, la somministrazione di laudano (10-15 gocce) o di tintura di valeriana (nella stessa dose) in un cucchiaino di zucchero. Nei dolori di stomaco anche il bagno tiepido, purché praticato lontano dai pasti, può dare buoni risultati.

I dolori di ventre localizzati in alto a sinistra o alla bocca dello stomaco provengono quasi sempre da questo organo e possono andare dal semplice imbarazzo gastrico all'ulcera. Se i dolori sono localizzati in alto e a destra sotto le costole e con irradiazione alla spalla si può presumere che si tratti di una colica epatica. Alla regione inferiore destra, i dolori acuti e persistenti possono essere sintomo di appendicite; se vi è irradiazione verso l'inguine e la coscia, può trattarsi di colica renale. Dolori generalizzati in tutto il ventre, senza alterazione dello stato generale sono il più delle volte segno di coliche banali o di indigestione. Ma se la palpazione è molto dolorosa, può trattarsi di appendicite o un inizio di peritonite e quindi bisogna ricorrere urgentemente al medico.

La cura dei dolori di ventre dipende anzitutto dalla diagnosi che è sempre di pertinenza del medico. In attesa, riposo a letto, dieta idrica, nessun lassativo o purgante. Misurare il polso e la temperatura ogni due ore. Se i dolori sono molto forti, somministrare 15-20 gocce di laudano oppure, se il medico lo consente, fare una iniezione sottocutanea di morfina. In ogni caso, dieta assoluta nel primo giorno se i dolori persistono, chiedere la visita medica d'urgenza.

I dolori all'inguine, associati ad un rigonfiamento che rientra nel ventre, esercitando in posizione coricata una leggera pressione, sono provocati da un'ernia. Se non è possibile farla rientrare, si tratta di un'ernia strozzata e l'intervento del medico è urgente. Se si tratta di un gonfiore rosso e caldo della pelle, può essere una adenite (infiammazione dei linfonodi) da curare, al principio, con impacchi caldo-umidi.

I dolori di reni, se risiedono verso la metà del dorso, da entrambi i lati, possono essere sintomo di nefrite acuta; da un solo lato, con fitte violente verso l'inguine, di colica renale; se vi sono febbre e disturbi vescicali, di pielonefrite. In tutti questi casi, è necessario chiedere la visita medica urgente. Nell'attesa, riposo a letto, calmare il dolore con i mezzi più adatti (borsa di acqua calda, iniezione, a seconda del consiglio del medico) raccogliere le urine emesse nelle 24 ore e tenere conto del loro aspetto.

Dolori alle gambe: nella parte media e inferiore della natica, con forti irradiazioni dietro la coscia e la gamba, può essere sintomo di sciatica; al livello della gamba, lungo il percorso di varicosità venose, con segni di infiammazione, può trattarsi di flebite o di linfagite; in corrispondenza dell'alluce, può trattarsi di gotta. In ogni caso, riposo a letto e richiesta di visita medica.

Focalizzazioni più frequenti del dolore

Focalizzazioni più frequenti del dolore

Focalizzazione dei dolori dorsali

Focalizzazione dei dolori dorsali

EDEMAA

È un gonfiore costituito da una infiltrazione di siero sanguigno sotto la pelle. (Si distingue dall'ematoma che è invece un gonfiore formato da stravaso sottocutaneo di sangue). In corrispondenza dell'edema, la pelle è tesa, lucente, a volte pigmentata, abbastanza dura alla pressione e, appoggiandovi un dito, ne rimane l'impronta che scompare lentamente. L'edema più frequente è quello che appare alle caviglie verso sera e spesso è un semplice sintomo transitorio di affaticamento in individui che a lungo hanno camminato o sono rimasti in piedi.

Ma in altri casi può essere il segno di una malattia renale o cardiaca, oppure di altre affezioni (ipotiroidismo, mixedema, malattia di Parkinson, siringomielia ecc.). L'edema renale è dovuto a nefrite e si localizza prima alle palpebre, alle guance, poi alle caviglie; l'edema di origine cardiaca è localizzato prima alle palpebre, alle guance, poi alle caviglie; l'edema di origine cardiaca è localizzato specialmente alle gambe e, se il malato è a letto, al dorso e alla regione glutea.

Il primo provvedimento da prendere consiste nello stare a riposo, in posizione supina, tenendo le gambe alzate (per mezzo di un cuscino) in rapporto al bacino. Non fare alcun massaggio. In ogni caso, prendere la temperatura e il polso. Se non si tratta di un edema semplice e transitorio oppure se l'edema tende a ripetersi, è sempre prudente chiedere la visita medica.

EMORRAGIE

Sono fuoriuscite di sangue in seguito a rottura di vene o arterie. L'emorragia può defluire, oltre che da una ferita, da un orificio naturale del corpo (emorragia interna) o restare contenuta sotto la pelle nella forma di ecchimosi o di ematoma. L'emorragia interna può anche non apparire, e questo è uno dei casi più gravi. Quando l'emorragia è abbondante, può provocare una anemia acuta caratterizzata da pallore, labbra e unghie violacee, sete intensa, polso piccolo e frequente, stato di shock e pericolo di morte. Nell'emorragia venosa il sangue, di colore rosso scuro, fuoriesce con scarsa pressione, in modo continuo. Nell'emorragia arteriosa, il sangue, di colore rosso vivo, fuoriesce con forza e a ondate periodiche.

Le emorragie più frequenti, cioè quelle di modesta entità provocate da ferite superficiali, hanno breve durata e si arrestano in modo spontaneo; se invece persistono, è facile fermarle, dopo aver pulito e disinfettato la ferita, tamponandola con garza sterile sulla quale si applica, secondo il caso, una benda o un cerotto. Di fronte a una forte emorragia alle braccia o alle gambe, occorre procedere diversamente.

Se si tratta di una emorragia venosa, coricare il ferito facendogli tenere alzato il braccio o la gamba colpiti, applicare un grosso tampone di garza e un bendaggio compressivo dopo aver lavato la ferita con acqua bollita e tiepida alla quale è stata aggiunta la metà di acqua ossigenata. Se l'emorragia persiste, in attesa del medico far uso di un laccio emostatico (piccolo tubo di gomma, fazzoletto arrotolato, corda o altro materiale di fortuna) posto al di sotto della ferita. Se invece il laccio emostatico non è necessario, non toccare la fasciatura se non si verifica un'altra emorragia nelle 24 ore; altrimenti, senza togliere la prima fasciatura, farne una seconda al di sopra di essa, più larga e ben stretta.

Se invece si tratta di una emorragia arteriosa, bisogna intervenire subito manualmente con una compressione energica del vaso sanguigno leso: se la ferita è al braccio, le dita vanno poste al di sopra della ferita; se invece la ferita è alla coscia o alla gamba, premere con i due pollici sempre al di sopra, stringendo con ambedue le mani. Mettere o far mettere appena è possibile un laccio emostatico, stretto fortemente, posto tra la sede dell'emorragia e la radice della coscia o della gamba. Se l'emorragia persiste, inserire fra il nodo del laccio e la pelle una bacchetta di legno e girarla fino a che l'emorragia si arresta. Tamponare e fasciare la ferita in attesa del medico. Nel frattempo, ogni 20 minuti allentare con precauzione il nodo o far girare al contrario la bacchetta per attenuare il dolore e prevenire complicazioni come la cancrena.

Sorvegliare lo stato generale del ferito.

Nel caso di forte emorragia in altra parte del corpo, esercitare una compressione manuale sui due lati della ferita premendo fortemente in profondità. Se la ferita è alla testa o sulla parte alta del collo, comprimere con il pollice alla base del collo la carotide dal lato che sanguina e appoggiare le altre quattro dita appoggiate contro la trachea.

Le emorragie interne sono provocate da talune malattie o in seguito a traumi del torace o dell'addome. La loro diagnosi precoce è difficile: possono verificarsi subito o un certo tempo dopo l'incidente; oppure nel corso di malattie intestinali o dell'apparato urinario. Le emorragie interne a decorso lento provocano una serie di disturbi che solo il medico può valutare; invece quelle a decorso rapido causano un'anemia acuta piuttosto evidente (pallore, labbra e unghie violacee, sete intensa, polso piccolo e frequente, stato di shock) e quindi sempre molto grave. In attesa dell'arrivo urgente del medico, applicare il trattamento indicato per lo shock (vedi la voce corrispondente) non somministrare alcuna bevanda, umettare soltanto le labbra con acqua.

In altri casi, si tratta di emorragie interne che si rendono evidenti perché trovano una via d'uscita attraverso orifici naturali: naso, bocca, orecchie, uretra, vulva, ano. A seconda della loro origine, si chiamano ematenesi, ematuria, emottisi, enterorragia, epistassi, melena, metrorragia, otorragia.

EMATENESI

O vomito di sangue, è provocata per lo più da ulcera gastrica, in altri casi da piccole rotture delle arterie gastriche, varici dell'esofago o dello stomaco, gastrite cronica erosiva, malattie infettive gravi, tumori, ferite al ventre. Il sangue vomitato, di quantità variabile, può essere liquido o coagulato, rosso vivo o nerastro, talvolta misto a cibo. Riposo assoluto a letto, testa bassa, borsa di ghiaccio o compresse di acqua fredda in corrispondenza dello stomaco, dieta assoluta, umettare solo le labbra con acqua, chiedere la visita medica urgente.

EMATURIA

O emissione di urina mista a sangue la quale, a seconda del grado di emorragia, assume un colore variante dal giallo rosato al rosso scuro. Le cause dell'ematuria sono molto varie. Possono risiedere nei reni (calcolosi, nefriti acute, tubercolosi, tumori) o derivare da malattie del sangue, cardiache, parassitarie. Riposo assoluto a letto, borsa di ghiaccio sul basso ventre, richiesta di visita medica urgente.

EMOTTISI

O emoftoe, significa emissione di sangue dalla bocca per una emorragia delle vie respiratorie che può provenire dal naso, dalla laringe, dalla trachea, dai bronchi o dai polmoni. Il più delle volte si preannuncia con prurito alla gola, sapore di sangue, tosse ed emissione di sangue rosso vivo, spesso schiumoso e commisto a espettorato. L'emottisi ha svariate origini: bronchite cronica, tubercolosi polmonare, polmonite, broncopolmonite, vizi cardiaci, malattie emorragiche, ascessi, lesioni sifilitiche, tumori, lesioni provocate dall'ingresso di corpi estranei nei bronchi, ferite polmonari, contusioni toraciche. Riposo assoluto a letto, in posizione semiseduta, borsa di ghiaccio sul torace, richiesta di visita medica urgente.

EPISTASSI

O emorragia nasale: può essere causata da un trauma del naso o della testa (in questo caso è un sintomo serio) da malattie infettive acute, insolazione, piccole lesioni delle narici provocate dall'asportazione di croste o dalla rottura di foruncoli, oppure non avere causa evidente. In posizione seduta, soffiare il naso per sbarazzarlo da mucosità, inclinare leggermente la testa all'indietro, respirare a bocca aperta e con un dito esercitare una pressione occlusiva sulla narice da cui esce il flusso sanguigno. Se dopo qualche minuto l'epistassi continua, tamponare la narice con un batuffolo di cotone, applicare la borsa di ghiaccio o compresse di acqua fredda sulla fronte e sulla nuca. Il giorno seguente, estrarre pian piano il tampone dalla narice imbevuto di acqua ossigenata.

Se l'epistassi non si arresta o se tende a ripetersi, è necessario l'intervento del medico.

MELENA

O emissione di sangue dall'ano a causa di una emorragia intestinale (enterorragia). Si tratta di sangue già alterato, che conferisce alle feci un aspetto nerastro, lucido, attaccaticcio, un odore fetido. Molto varie sono le cause della melena: irritazioni o ulcerazioni intestinali, malattie infettive, malattie dell'apparato circolatorio, parassiti, tumori, traumi esterni, ingestione di corpi estranei o di sostanze caustiche. La melena può essere di grado lieve e non interessare le condizioni generali; ma può anche manifestarsi improvvisamente con sintomi gravi: forte perdita di sangue, abbassamento della temperatura oppure febbre a 38-39°C, nausea, vertigine e sintomi di anemia acuta. In questo caso i provvedimenti immediati da prendere, in attesa dell'arrivo urgente del medico, sono riposo assoluto a letto e borsa di ghiaccio sull'addome. L'evacuazione di sangue fresco dall'ano, in generale non è dovuto a una melena, ma a una lesione ano-rettale (emorroidi, cancro del retto).

METRORRAGIA

Emissione di sangue dalla vulvache sopraggiunge fuori dal periodo mestruale e il più delle volte è di origine uterina. In questo caso il sangue non ha i caratteri di quello mestruale ma è di color rosso scuro e viene emesso con coaguli; spesso si tratta di uno stillicidio, a volte di un flusso continuo o intermittente. Quando la metrorragia si manifesta in assenza di gravidanza, può essere sintomo di alterata funzione ovarico-uterina, di congestioni, di infiammazioni, infezioni, tumori dell'utero oppure di malattie del sangue, del cuore, del fegato. La visita medica è sempre urgente. Importanti sono le metrorragie della menopausa, anche se di modesta entità, perché possono essere il sintomo di un tumore uterino. Metrorragie molto gravi sono riscontrabili come conseguenza di aborto procurato da persone incompetenti in questo caso, riposo assoluto a letto, borsa di ghiaccio sul basso ventre visita medica urgente. La metrorragia, anche se appena accennata, può indicare anche una minaccia di aborto spontaneo: riposo assoluto a letto visita medica urgente. A gravidanza avanzata (dal sesto mese in poi) la metrorragia può derivare da anomalie di struttura della placenta, Oppure da una sua inserzione anormale (placenta previa). In alcuni casi, alla metrorragia segue (se già non si è avuto aborto) il parto prematuro; in altri si giunge egualmente al parto a termine. Comunque, in qualsiasi epoca della gravidanza, ai primi segni di metrorragia occorre chiamare il medico.

OTORRAGIA

O emissione di sangue dall'orecchio. Può essere provocata da piccole lesioni in seguito a tentativi maldestri di estrarre, con le unghie o con oggetti appuntiti, il tappo di cerume o corpi estranei, oppure di togliere piccole croste o rompere foruncoli. L'otorragia può essere causata anche da ferite del timpano prodotte da corpi estranei, forti esplosioni, decompressione in seguito a troppo rapide ascensioni nell'aria o emersioni da acque profonde. Se l'otorragia si manifesta dopo un trauma del capo, può essere il sintomo grave di una frattura della base cranica, e in questo caso va soltanto tamponata provvisoriamente. Il trattamento delle altre otorragie consiste in un leggero lavaggio mediante una pompetta con acqua alla quale si è aggiunta la metà di acqua ossigenata. Se l'otorragia persiste, tamponare con garza; se anche questo provvedimento risulta inefficace, ricorrere subito al medico.

ERNIA STROZZATA

L'ernia è la fuoriuscita di un viscere attraverso un'apertura anormale e, a seconda della regione attraverso la quale esce, si chiama ernia inguinale, crurale, ombelicale, diaframmatica, ecc. L'ernia è più frequente negli uomini che nelle donne e la più comune è l'inguinale. Non complicata, è molle, indolore e provoca solo una sensazione di fastidio, sparisce stando in posizione supina e riappare in seguito a uno sforzo o a colpi di tosse: in questo caso, per farla rientrare nel ventre basta comprimerla leggermente. Le piccole ernie ombelicali dei bambini possono essere contenute con l'applicazione di cerotto o di cinto erniario che può essere anche usato dagli adulti.

Tuttavia è sempre opportuno che, in caso di ernia, l'adulto si faccia visitare dal medico anche per evitare il pericolo che, in seguito a un processo infiammatorio o a uno sforzo, l'ernia possa improvvisamente strozzarsi, cioè diventi difficile o impossibile farla rientrare. L'ernia strozzata provoca un dolore violento nella regione colpita e spesso vomito. Se persiste, l'interruzione dell'intestino causa difficoltà della sua circolazione sanguigna, edema e nei casi più gravi emorragia con notevole aggravamento delle condizioni generali (caduta della pressione arteriosa, polso piccolo e frequente, collasso).

Quando non è possibile far rientrare l'ernia con la mano, occorre chiedere subito l'intervento del medico e nel frattempo compiere un nuovo tentativo: dopo un lungo bagno caldo, il malato viene fatto stendere in posizione semiseduta a letto (cosce flesse sul bacino, torace sollevato con cuscini) e con le dita si esercita una pressione dolce e continua sul fondo dell'ernia per tentare di rimetterla a posto; con il pollice e l'indice dell'altra mano, trattenerla nella sua parte superiore e guidarla verso l'apertura dalla quale è uscita. Se la manovra riesce, porre sull'apertura un grosso tampone d'ovatta e tenerlo fermo con una benda.

Se invece il tentativo non riesce entro una decina di minuti, non insistere e lasciare il malato a letto in posizione semiseduta, con un borsa di ghiaccio sull'ernia. Il ricovero in ospedale è indispensabile perché, non riuscendo la riduzione dell'ernia, occorrerà intervenire chirurgicamente È sempre prudente che l'adulto si sottoponga alla cura chirurgica dell'ernia per non correre il grave rischio dell'ernia strozzata.

FEBBRE

Rappresenta uno dei sintomi più importanti di malattie, generalmente di origine infettiva. È causata da sostanze tossiche o pirogene (generatrici di febbre) prodotte da germi o dalla loro distruzione oppure da globuli bianchi, le quali stimolano il centro termoregolatore dell'ipotalamo dove provocano le elevazioni di temperatura. L'organismo si difende aumentando la sudorazione che elimina in parte le sostanze tossiche e diminuisce di poco la febbre.

La temperatura normale del corpo, che si mantiene fra i 36° e i 37°, in genere è più bassa al mattino e più alta alla sera. Ma per fattori patologici può essere inferiore ai 36° (ipotermia) o superiore ai 37° (ipertermia). Fra i 37° e i 38°, si parla di temperatura subfebbrile; fra i 38° e i 39° di febbre media; fra i 39° e i 40° di febbre alta; fra i 40° e i 41° di febbre altissima. Al di sopra dei 42 si ha la morte.

La febbre può insorgere lentamente o rapidamente, essere accompagnata o no da eccitazione o abbattimento, malesseri generali o locali, vampate di calore, brividi, sudorazioni ecc. Nel corso della giornata, può essere continua, cioè con oscillazioni inferiori a un grado; remittente, ossia con oscillazioni di oltre un grado ma non inferiore ai 37°; intermittente, vale a dire con oscillazioni superiori a un grado che raggiungono l'apiressia (di febbre), cioè meno di 37°. Vi sono poi la febbre periodica (che insorge regolarmente a distanza di giorni) e la ricorrente (a intervalli regolari di settimane) le quali spesso sono di breve durata.

Ogni individuo (specialmente se è un bambino) reagisce in modo particolare alle cause che possono provocare una elevazione della sua temperatura corporea: in taluno, la febbre sale facilmente oltre ai 39°; in talaltro, che magari ha la stessa malattia, supera di poco i 38°. Anche il tempo di reazione febbrile è variabile: per una medesima malattia, vi è l'individuo che ha febbre forte ma di breve durata e l'individuo che si trascina una febbre debole per vari giorni.

La febbre, anche alta, di solito viene sopportata meglio dal bambino che dall'adulto. Comunque occorre togliere indumenti e coperte pesanti al febbricitante per diminuire il suo disagio; ma se la febbre insorge con brividi, è opportuno coprirlo bene. Se la febbre è alta e il malato agitato, in attesa del medico si può mettergli sulla fronte impacchi di acqua fresca o una borsa di ghiaccio.

Di solito le madri si preoccupano maggiormente se i loro bambini hanno la febbre alta. Ma, soprattutto nell'età infantile, l'altezza della febbre non è sempre sintomo di malattia grave. Anzi, spesso la febbre alta è di breve durata, mentre quella bassa può protrarsi per parecchi giorni ed essere il sintomo di una malattia seria. Bisogna dunque vigilare con attenzione sulle «febbriciattole», in particolare quelle dei bambini, e prenderne accuratamente nota perché il medico sia bene informato.

Vi è infine da considerare che il bambino, più spesso dell'adulto, può presentare elevazioni di temperatura (talvolta fino ai 39°) di breve durata a causa di un abbigliamento troppo pesante in estate se si tratta di un lattante, o in conseguenza di affaticamento o di strapazzo se si tratta di un bimbo che ha camminato o giocato a lungo.

Per distinguere se si tratta di una febbre vera o falsa, occorre procedere in questo modo: misurare la temperatura, poi riposo sul letto, senza indumenti pesanti, per un'ora o poco più; dopo di che nuova misura della temperatura. Se questa è diminuita entro i limiti normali e non vi sono sintomi di malattia, non c'è da preoccuparsi. Se invece l'elevazione di temperatura persiste, quasi sempre si tratta di vera febbre.

In generale, è opportuno cercare di combattere la febbre perché, specie se dura a lungo ed è molto elevata, influisce dannosamente sull'organismo.

Ma in certi casi è meglio non contrastare la reazione febbrile, soprattutto se non è eccessiva, perché essa contribuisce alle difese organiche: si tratta però di una valutazione particolare, che deve essere fatta solo dal medico. Il modo più razionale ed efficace di combattere la febbre consiste nel curare la causa che la provoca. Anche questo è di competenza del medico. In attesa, il malato deve mettersi a letto, non alimentarsi, bere acqua, succo di frutta naturale allungato con acqua, tè blando; per far scendere la febbre, somministrare soltanto aspirina e non obbligare il malato a fare sudate che il più delle volte sono inutili o addirittura dannose.

Vari tipi di febbre

Vari tipi di febbre

Linea flashing backefro

Linea flashing backefro

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FERITE

A seconda del tipo e della forma dell'oggetto che le ha determinate, si distinguono principalmente le ferite da taglio (prodotte da un oggetto tagliente e che in genere sono superficiali), le ferite da punta (dovute all'azione di un oggetto acuminato penetrato in profondità nei tessuti), le ferite lacero-contuse (causate da un urto contro un corpo che, oltre a produrre una contusione, lacera anche la pelle). Di solito, le ferite da taglio sanguinano con facilità e non hanno suppurazione; quelle da punta, sanguinano poco all'esterno, ma se sono profonde possono provocare gravi emorragie interne e si infettano facilmente; quelle lacero-contuse hanno scarsa emorragia e sono soggette con facilità alle infezioni.

Il soccorso di urgenza delle ferite piccole e medie consiste anzitutto nel lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone, sciacquarle e non asciugarle. Quindi si procede alla pulizia e alla disinfezione della ferita con acqua ossigenata (da preferirsi a ogni altro disinfettante più energico) strisciandovi sopra leggermente un batuffolo di garza sterile e facendo uso di pinzette bollite per asportare eventuali corpi estranei (come terriccio, sassolini, frammenti di legno o di stoffa ecc.). In mancanza d'altro, la ferita può essere lavata con acqua corrente. Poi, dopo aver stagnato l'emorragia (vedi la voce corrispondente) si proceda alla medicazione, occludendo la ferita con uno strato di garza sterile (mai ovatta) o in mancanza di questo, con un pezzetto di tela pulita; infine si fa il bendaggio. Per le piccole ferite è di uso pratico il cerotto medicato.

Le ferite da taglio o da contusione lunghe più di un centimetro, dopo i primi soccorsi, richiedono l'intervento del medico per essere suturate, cioè cucite; a quelle da punta non si deve fare alcuna sutura. Se la ferita è vasta o profonda e, in particolare, inquinata da corpi estranei, è sempre necessaria la medicazione speciale da parte del chirurgo. Le ferite da punta o lacero-contuse, e comunque tutte quelle sporche o che sono state in contatto con oggetti non puliti, richiedono subito l'iniezione antitetanica.

Se la ferita non duole o non dà la sensazione di «fitte», la medicazione si può rinnovare dopo 3-4 giorni. Nel cambiarla, per staccare piano la garza senza provocare dolore né fuoriuscita di sangue, la si inumidisce con acqua bollita e tiepida. Se invece è in atto un processo suppurativo, occorre aprire largamente la ferita, drenarla, medicarla spesso e, se la suppurazione è forte, rivolgersi al medico per una eventuale somministrazione di antibiotici.

Un cenno particolare occorre fare riguardo alle ferite penetranti del petto o dell'addome che richiedono sempre l'intervento urgente del medico. Nell'attesa, se si tratta di una ferita al petto, applicare un tamponamento secco e un bendaggio tenendo l'infortunato con il torace e la testa sollevati per facilitare la respirazione. Se si manifesta uno shock traumatico, prendere i primi provvedimenti. Se invece la ferita è all'addome, l'urgenza e le cautele devono essere maggiori. Se non vi è fuoriuscita di visceri, applicare un tampone secco di garza e una fasciatura; altrimenti, applicare compresse di garza imbevute di acqua bollita alla quale sono stati aggiunti due cucchiaini da caffè di sale da cucina per litro, e ricoprire con una larga fasciatura. Se l'infortunato è sotto shock, non dargli da bere alcun liquido, ma umettargli soltanto le labbra con acqua. Nessuna iniezione, eccetto che di morfina (con il consenso del medico) se i dolori sono molto forti. Mettere il ferito in posizione semiseduta con la parte superiore del corpo sostenuta da cuscini, le ginocchia piegate e i piedi trattenuti per impedirgli di scivolare.

FOLGORAZIONE

È propriamente l'effetto di un fulmine, cioè di una scarica elettrica atmosferica sull'organismo umano che può provocare lesioni esterne (eritemi, ustioni, ferite) e disturbi nervosi (incoscienza, rigidità muscolare completa, paralisi). Ma per «folgorazione» «fulminazione» o «elettrocuzione», si intende anche l'effetto di una scarica di corrente elettrica domestica o industriale che può essere sopportata senza conseguenze, oppure provocare ustioni e gravi disturbi interni: le correnti a bassa tensione incidono sul cuore e sulla circolazione sanguigna, quelle ad alta tensione sui centri nervosi bulbari causando paralisi, arresto della respirazione, incoscienza ecc. La pelle umida è meno resistente al passaggio dell'elettricità, per cui diventa dannosa anche una corrente comune che in genere non oltrepassa i 250 Volt; infatti l'umidità fa aumentare di circa 10 volte l'effetto di un Volt.
In questi incidenti, la presenza di spirito e la prontezza del soccorritore sono determinanti. Occorre allontanare immediatamente l'infortunato dalla sorgente di elettricità stando attenti di non esserne colpiti. Togliere la corrente facendo scattare la levetta del contatore o staccando la spina o allontanando il filo elettrico per mezzo di un bastone, di una lunga corda, di una coperta o di indumenti asciutti. Non toccare l'infortunato fino a che il contatto elettrico non sia stato tolto. In attesa del medico, togliere i vestiti, stendere sul letto, fare annusare ammoniaca, frizionare con acqua fredda per tutto il corpo e, se l'infortunato ha difficoltà di respirazione o è svenuto, praticargli subito la respirazione artificiale bocca-naso o bocca-bocca e il massaggio cardiaco esterno.

FORUNCOLI

Sono causati da infiammazione delle ghiandole sebacee e sudorifere e del bulbo pilifero in seguito a infezione di stafilococchi e streptococchi. I foruncoli si possono manifestare in qualsiasi punto della superficie cutanea dove esistono peli e ghiandole sebacee. Il foruncolo inizia con la comparsa di una piccola tumefazione rosso scura attorno a un pelo; nelle 2 ore successive assume una forma conica, più o meno dolente a seconda della sede. Il bulbo del pelo e le ghiandole sebacee annesse vanno incontro a un processo di necrosi per l'attività dei germi e delle loro tossine; i tessuti caduti in necrosi formano quella parte giallo-biancastra detta cencio che verrà poi eliminato e che è determinante per la guarigione.
La cura consiste nell'accelerare il normale processo di evoluzione del foruncolo con l'uso di impacchi caldi che calmano il dolore, affrettano la formazione del pus e l'eliminazione del cencio necrotico. Per evitare che il pus emesso infetti la pelle circostante provocando la formazione di nuovi foruncoli, si disinfetta con acqua ossigenata. Se si verificano recidive (foruncolosi) occorre consultare il medico per il trattamento appropriato.
Quando il foruncolo è superficiale si può semplicemente rompere la sua punta giallastra con uno strumento metallico smussato e preventivamente bollito, poi si fa penetrare nell'interno un cristallo di acido fenico che calma il dolore, favorisce l'allargamento del foro e accelera la guarigione.
Se il foruncolo è grosso e non guarisce, non bisogna insistere a spremerlo, ma rivolgersi al medico per una eventuale cura mediante antibiotici.
Comunque occorre assolutamente evitare la manovra di compressione del foruncolo per fare uscire il cencio.
I foruncoli della faccia, e specialmente quelli del labbro superiore, del naso e della fronte, devono essere curati con particolare cautela per evitare complicazioni anche molto gravi in seguito al propagarsi della loro infezione alle vene del cervello.
Più ancora che per gli altri foruncoli, per questi vale la raccomandazione di non comprimerli mai, ma cercare di favorire l'eliminazione del pus e delle parti necrotiche senza disturbare i naturali processi di difesa che tendono a limitare le infezioni. Nelle prime ore, si può tentare di arrestarli applicando sulla loro punta una piccola quantità di tintura di iodio o di pomata antibiotica. Se provocano forte gonfiore, dolore vivo, elevazione della temperatura, occorre interpellare subito il medico per la cura antibiotica.
Il favo o antrace è un agglomerato di foruncoli, causato per lo più da streptococchi, che può assumere notevole gravità. Individui particolarmente predisposti sono i diabetici. Una delle regioni più frequentemente colpita è fra il collo e la nuca.
I vari focolai suppurativo-necrotici del favo si evolvono rompendosi con fuoriuscita di pus e in seguito i cenci necrotici hanno la tendenza di fondersi fra loro. Il favo provoca un dolore pulsante che si accentua a ogni movimento e spesso provoca manifestazioni generali tossiche con febbre a 39°-40°, disturbi gastrointestinali e talvolta diarrea. La cura non è molto differente da quella del foruncolo, ma il ricorso al medico è sempre indispensabile anche per accertare l'eventuale presenza di qualche malattia concomitante, specie del diabete. Nell'attesa, non comprimere né incidere il favo, ma applicarvi compresse caldo-umide.

FRATTURE

La frattura è la rottura di un osso in seguito a un trauma. Ogni frammento da una parte o dall'altra del tratto fratturato può restare sul posto (frattura chiusa) oppure spostarsi lacerando il tessuto muscolare e cutaneo (frattura esposta).
Segni immediati di frattura sono la deformazione della zona traumatizzata, l'incapacità di servirsi della parte lesa, la sua mobilità anormale.
L'incapacità dell'infortunato di rialzarsi dopo una caduta od un investimento può essere indizio di frattura alle gambe, al bacino, o alla colonna vertebrale; chi ha subito una frattura a un braccio, sostiene questo con il braccio sano; la parte fratturata può anche produrre un particolare rumore (scroscio) percepibile all'udito e alla palpazione. Non sempre il dolore è un sintomo certo di frattura perché, all'inizio, può essere scarso o assente; mentre una semplice contusione o una lussazione possono essere più dolorose di una frattura. Segni tardivi di frattura sono gonfiore ed ecchimosi.
Il pronto soccorso consiste nell'immobilizzare la frattura senza far rientrare il frammento osseo che eventualmente sporge; proteggere la ferita, se esiste, per evitare l'infezione; prevenire o curare lo shock traumatico. Ed ecco come bisogna procedere, in attesa del medico, per immobilizzare le ossa fratturate.

Tipi di fratture e primo intervento

CRANIO

Quando si sospetta una frattura del cranio, l'infortunato deve sempre e in qualsiasi modo essere posto, anzitutto, con la testa più bassa rispetto al torace, dopo avergli slacciato gli abiti e ogni altro indumento che lo stringe. Se le sue condizioni circolatorie e respiratorie richiedono la respirazione artificiale, è preferibile praticare quella bocca-naso o bocca-bocca. In attesa del medico, le ferite alla testa non vanno toccate ma semplicemente tamponate e bendate con grande precauzione mediante garza secca o tela pulita. Se vi è perdita di sangue o di liquido grigiastro dall'orecchia o dal naso, si tratta di una lesione grave e il ricorso al medico è urgentissimo.

MASCELLA INFERIORE

Coricare l'infortunato su un lato, mai sul dorso, porlo con la testa più bassa del torace, sorvegliare la sua respirazione. Per immobilizzare la mascella, procurarsi una benda (o comunque un pezzo di tessuto, per esempio una sciarpa) lunga circa un metro e larga una decina di centimetri, fenderla nel mezzo alle due estremità per una lunghezza di alcuni centimetri, in modo da formare quattro legacci. Mettere sulla parte fratturata un grosso strato di ovatta, applicare la parte media della benda sul mento, passare una estremità sulle orecchie e incrociarla sulla nuca, l'altra estremità lungo le guance e annodarla sulla testa; riprendere l'estremità passata sulla nuca, riportarla in avanti sulla fronte e sotto l'altra estremità, fissarla con un nodo o con una spilla di sicurezza. L'infortunato non deve parlare né masticare.

Fargli sciacquare la bocca con una soluzione di acido borico (5 cucchiaini da caffè in mezzo litro di acqua bollita) o di permanganato di potassio (una compressa da 0,25 g. in un litro d'acqua).
Portare l'infortunato in ospedale appena possibile.

CLAVICOLA

Oltre ai segni abituali di frattura, si nota un abbassamento evidente della spalla infortunata. Anzitutto, mettere un grosso strato di ovatta sotto l'ascella e sostenere il braccio con una sciarpa molto stretta. Se si ha a disposizione una camera d'aria di bicicletta, tagliarla in tre pezzi ineguali.
Il primo, il più lungo, per circondare il torace come una cintura. Il secondo pezzo va fissato a una delle sue estremità, con una spilla doppia, sulla cintura di fortuna, davanti dal lato opposto alla frattura, poi lo si fa passare obliquamente sul torace verso la spalla, dal lato fratturato; l'altra estremità si fissa sulla parte posteriore della cintura, in modo che si eserciti una certa pressione sul frammento interno della clavicola, tenendolo in sesto. Il terzo pezzo serve per fare un bracciale verso la parte superiore del braccio e viene fissato per una delle sue estremità alla cintura, in modo da tirare il braccio all'indietro, ma non troppo. La cintura di gomma viene fissata ai pantaloni o alla gonna mediante quattro spille. Sotto la banda elastica, nella zona della frattura, si pone uno strato di ovatta perché la compressione sia meno dolorosa. Se invece si hanno a disposizione strisce di tela, si dispongono ad anelli intorno alle spalle e sotto di esse si mette uno strato di ovatta per poi riunirle sul dorso mediante un legame solido trasversale da fissare alla cintura. Trasportare l'infortunato in ospedale appena possibile.

COSTOLE

Quando vi è frattura costale, il dolore è accentuato dalla tosse e dall'inspirazione profonda. La respirazione normale è dolorosa e talvolta si verifica una lieve ematenesi. Avvolgere al più presto e strettamente il torace con una lunga benda oppure con una sciarpa o un asciugamano. Porre a letto l'infortunato, semiseduto o steso sul lato sano. Il ricorso al medico è ancora più urgente se l'infortunato presenta sintomi di soffocazione o gonfiore al collo.

COLONNA VERTEBRALE

Se l'infortunato non è più in grado di muovere le gambe, o avverte dei formicolii, oppure non è capace di camminare, ciò significa che probabilmente anche il midollo spinale è leso. Bisogna evitare un aggravamento toccando o spostando l'infortunato in modo maldestro: se è necessario rimuoverlo, mantenerlo in posizione rigida senza rialzarlo né sollevarlo per le spalle o per le ginocchia, farlo trasportare da quattro persone, coricato su un piano duro, e lasciarlo immobile.

Fargli scivolare un cuscino sotto i reni, mantenere unite le gambe, i piedi e i polsi. Chiamare al più presto un medico. Nell'attesa, curare alla meglio lo stato generale, il dolore, e le eventuali ferite evitando sempre di provocare movimenti intempestivi.

BRACCIA

Provvisoriamente, sostenere il braccio fratturato con una sciarpa. Se le cure mediche ritardano, immobilizzare il braccio con tre stecche o assicelle bene imbottite con ovatta. La prima stecca va posta sul lato esterno del braccio, la seconda sul lato interno, la terza dietro al braccio; quindi mantenere il braccio flesso per mezzo di una sciarpa e assicurarsi che la circolazione non sia ostacolata e non vi siano paralisi nei movimenti.

Per il gomito e l'avambraccio, imbottire abbondantemente con ovatta, immobilizzare la frattura con una stecca ad angolo retto se la frattura è al gomito, fasciare e sostenere con una sciarpa robusta. Far muovere le dita, osservare se si verificano disturbi circolatori o nervosi che si manifestano con formicolii, gonfiori, pelle bluastra.

Per la mano, stecca della stessa forma di quella per l'avambraccio, ma che raggiunge l'estremità delle dita, applicata sul palmo della mano protetta con ovatta e fasciata. Per le dita, fissarle alla stecca con un cerotto, sostenere mediante una sciarpa. Trasportare l'infortunato all'ospedale appena possibile.

GAMBE

Per la coscia, ricorrere a due assicelle larghe circa 15 centimetri. La prima viene applicata lateralmente contro il torace e raggiunge il lato esterno della coscia, cioè deve andare dall'ascella al bordo del piede corrispondente; la seconda è applicata contro il lato interno della coscia e deve andare dall'inguine al piede. Le due assicelle vengono fissate al torace e alla coscia fratturata mediante legami piuttosto larghi e stretti.

Per la rotula, immobilizzarla con una lunga stecca bene imbottita, disposta lungo la parte posteriore dalla natica al piede. Riempire gli interstizi con ovatta sotto il ginocchio. Porre la gamba in posizione leggermente obliqua in rapporto al piano del letto, tenendo leggermente alta la sua estremità inferiore per mezzo di un cuscino.

Per la gamba, utilizzare le stecche come nella frattura della coscia, ma quella del lato esterno parte dal bacino. Per il piede, avvolgerlo in ovatta e immobilizzarlo ponendo sotto la pianta una stecca bene imbottita che, partendo dal tallone oltrepassa leggermente gli alluci; fissarla con una fascia senza stringere troppo. Mantenere l'infortunato steso. Anche in tutti questi casi il trasporto dell'infortunato all'ospedale deve avvenire al più presto.

Vari tipi di fratture

Vari tipi di fratture

Metodi di contenzione delle fratture

Metodi di contenzione delle fratture

FUNGHI VELENOSI

A seconda della loro composizione, le sostanze tossiche contenute nei funghi hanno effetti diversi e di differente gravità.

I funghi acroresinosi (boleto malefico, lattario, rossola, ecc.) hanno azione irritante sull'apparato digerente con sintomi di gastroenterite acuta (malessere, nausea, sete ardente, dolori, vomito ostinato, diarrea) che iniziano precocemente, da mezz'ora a 2 ore dopo l'ingestione. Guarigione rapida in 28 ore.

I funghi muscarinici (amanita muscaria, ovolaccio, ovolo malefico, agarico muscario) hanno azione paralizzante sul sistema nervoso simpatico e sul vago con numerosi sintomi come salivazione abbondante, sete, nausea, sudori, vampate di calore, dolori gastrici violenti, crampi, diarrea, delirio gaio, disturbi visivi ecc. Come per i funghi acroresinosi, l'inizio dei disturbi è precoce, da mezz'ora a 2 ore dopo l'ingestione. La prognosi è generalmente favorevole, la mortalità media solo del 2-3%.

Tra gli altri funghi tossici, i più pericolosi sono i ici, i più pericolosi sono i tossino-emolitici, appartenenti al genere Amanita, che agiscono principalmente sui globuli rossi provocandone la distruzione e sul fegato causando un'epatite tossica. Circa il 90% dei casi mortali di avvelenamento da funghi è provocato da Amanite, in particolare Amanita falloide, Amanita verna, Amanita citrina. E ciò perché i segni dell'intossicazione hanno inizio tardivo - da 9 a 24 ore dopo l'ingestione - quindi dopo che il veleno ha già raggiunto l'intestino o è stato assimilato. Sintomatologia: gastro-enterite violentissima, forte spossatezza e depressione psichica con coscienza integra, breve periodo di remissione, poi uremia, stato confusionale, convulsioni, coma.

Se i sintomi di avvelenamento si manifestano a breve distanza dall'ingestione, in attesa del medico il pronto soccorso consiste nel promuovere o rinforzare il vomito (dita in gola o somministrazione di acqua tiepida molto salata). Quando il vomito è terminato, far bere abbondantemente acqua oppure latte. Come contravveleni di fortuna, si possono somministrare forti dosi di carbone vegetale polverizzato, oppure succo di limone o aceto. Se il vomito continua quando lo stomaco si è svuotato, ghiaccio per bocca. Se l'intossicato è depresso, stimolarlo con frizioni, docce calde e fredde, alternate, sul viso, caffè forte, borsa d'acqua calda ai piedi e alle mani.

È urgente individuare il tipo di fungo ingerito perché il medico possa somministrare l'antidoto adatto: se l'intossicato non è in grado di descriverlo, se ne ricercano le spore nel materiale emesso con il vomito o con le feci; materiale, quindi, che deve essere conservato per un eventuale invio in laboratorio. Se invece i sintomi si manifestano tardivamente (9-24 ore dopo l'ingestione) è quasi certo che si tratta di un gravissimo avvelenamento da Amanita. Il ricovero in ospedale è urgentissimo, e nell'attesa, dare da bere acqua in abbondanza.

La migliore prevenzione di questi avvelenamenti consiste nell'acquistare funghi freschi o secchi controllati dal locale Ufficio di Igiene o raccolti da persone di sicura competenza. È sempre pericoloso improvvisarsi raccoglitore di funghi sulla base di descrizioni e illustrazioni approssimative. In Italia, le specie più frequenti di funghi sono circa 600: di esse, 363 innocue e non commestibili; 220 commestibili, ma fra esse quelle apprezzate sono appena una dozzina; le velenose sono 13, le velenose mortali 4.

Occorre infine mettere in guardia il pubblico contro pregiudizi che spesso sono la causa di avvelenamento da funghi in interi nuclei familiari. Si tratta soprattutto delle «prove » popolari per distinguere i funghi velenosi da quelli commestibili.

Ecco, in sintesi, quelle più comuni: i funghi tossici cambiano colore quando vengono spezzati; sono viscidi o lattiginosi; crescono sui tronchi degli alberi; hanno odore nauseabondo e cattivo sapore; le lumache e i bruchi non li mangiano; durante la cottura, fanno annerire lo stagno e l'argento; l'aglio e la cipolla assorbono il loro veleno; il disseccamento li rende innocui; il gatto di casa non accetta di mangiarli. Non una di queste «prove» può dare affidamento.

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GASTRITE ACUTA

È l'infiammazione acuta della mucosa dello stomaco provocata da cause tossiche (alimenti o bevande non adatte o in eccesso, veleni, ecc.) o microbiche. I sintomi principali sono alito fetido, dolore, vomito, diarrea, febbre, crampi al polpaccio. Se il vomito è assente, provocarlo allo scopo di liberare lo stomaco dalle sostanze ingerite.

Dare da bere acqua minerale alcalina per combattere l'acidità gastrica, applicare sullo stomaco una borsa d'acqua calda per calmare il dolore, somministrare un purgante per accelerare l'eliminazione del materiale passato nell'intestino. Per uno o due giorni, concedere solo, e in scarsa quantità, té molto diluito, infuso di camomilla (tiepidi o freddi) e limonate dolcificate. Poi rialimentazione graduale con semolino, brodo di verdura, latte uova. Se la gastrite persiste, interpellare il medico.

GELONI

Tumefazioni arrossate pruriginose e dolenti che si sviluppano più di frequente alle mani e ai piedi, soprattutto alle dita. I geloni sono causati durante la stagione fredda da rallentata circolazione periferica su zone del corpo scoperte o mal riparate. Ne vanno soggetti più facilmente i bambini, gli adolescenti, gli individui anemici, linfatici, ipotiroidei. Per non aumentare i sintomi, evitare di esporre le parti colpite dai geloni accanto a fonti di calore o di immergerle in acqua molto calda. Unzioni con linimenti astringenti ed emollienti, per esempio pomata all'acido nicotinico al 10%. Se si formano bolle (da non rompere) o screpolature, medicare e fasciare. Se i geloni sono estesi, riposo a letto e richiesta di visita medica. I geloni si prevengono curando lo stato generale (anemia, linfatismo, ipotiroidismo) somministrando vitamine A e B2, evitando i raffreddamenti bruschi, l'esposizione prolungata al freddo delle mani e dei piedi, i saponi e altri detersivi che irritano la pelle, indossando guanti e calze di lana.

INTIRIZZIMENTO

Il freddo, e soprattutto il freddo umido, può provocare intirizzimento, assideramento o congelamento. L'intirizzimento ha per sintomo principale una depressione nervosa che però cessa rapidamente con i più semplici soccorsi: riparo in ambiente non troppo riscaldato, somministrazione di bevande calde, ecc. I sintomi dell'assideramento consistono nel fatto che le parti del corpo più esposte all'azione del freddo (naso, orecchi, guance, labbra, mani, piedi) diventano lividi e insensibili, le membra rigide. Quando l'assideramento è prolungato, si può avere perdita completa dei sensi, respirazione e battito cardiaco appena percettibili. Il congelamento avviene quando lo stato di assideramento è di lunga durata: sulle parti scoperte si formano chiazze e indurimenti; nei casi più gravi, il congelamento si può estendere anche a gran parte delle gambe o delle braccia.

In caso di assideramento o di congelamento, l'infortunato deve essere portato in ambiente riparato, con temperatura moderata, mai vicino a fonti di calore. Le parti colpite vengono frizionate leggermente con neve o con acqua fredda. Poi si praticano energiche frizioni su tutto il resto del corpo e, se non vi è congelamento, un bagno in acqua tiepida. Se l'infortunato è privo di sensi, occorre praticare la respirazione artificiale bocca-bocca associata con il massaggio cardiaco. E quando è rinvenuto, lo si avvolge con panni freddi, poi lo si pone a letto con lenzuola fredde e poco coperto. La posizione migliore è quella su dorso, con le gambe alquanto sollevate. Si fa annusare all'infortunato aceto, ammoniaca o altro stimolante e lo si mantiene sempre in camera fredda che si potrà riscaldare soltanto dopo due o tre giorni. Quando ha pienamente i sensi, gli si può somministrare un liquore secco e forte (grappa, whisky, cognac o rhum) a piccoli cucchiai, allungati in un poco di acqua e latte tiepido o nel caffè.

ICTUS

Detto anche apoplessia oppure stato apoplettico è la cessazione improvvisa delle funzioni motorie, sensitive e psichiche, prodotta da un disturbo dell'attività cerebrale per rottura o alterazione di un vaso sanguigno (emorragia, trombosi, embolia). I sintomi sono spesso preceduti da segni premonitori (come nausea, vertigini, cefalea) che possono durare diversi giorni. Spesso però l'apoplessia si stabilisce senza alcun segno precursore: il malato improvvisamente perde la coscienza e cade al suolo, il viso è congestionato, i movimenti attivi impossibili, le braccia e le gambe, sollevati passivamente e poi abbandonati, ricadono, i riflessi sono aboliti, le pupille dilatate, vi può essere perdita di urine e di feci.

Questo stato di coma apoplettico dura in media alcune ore, ma se si prolunga è un sintomo grave.

Dallo stato comatoso, il malato passa a quello soporoso e può presentare per breve tempo fenomeni di eccitazione psicomotoria, sudorazione profusa, polso frequente. Poi riprende gradualmente la conoscenza, apre gli occhi, il respiro torna normale, comincia a muoversi e a questo punto si può riscontrare se il disturbo cerebrale gli ha provocato emiplegia, cioè una paralisi dalla parte destra o sinistra del corpo. Se l'emiplegia è a sinistra, il malato è in grado di emettere qualche parola; se invece è a destra, non è in grado di parlare.
La distinzione dei vari tipi di apoplessia è spesso difficile. Si può tener conto dei seguenti elementi: se è causata da emorragia cerebrale, insorge bruscamente, senza segni premonitori e si accompagna il più delle volte a convulsioni, cefalea, nausea, vomito, rigidità della nuca e il coma profondo si evolve rapidamente; se è causata da trombosi cerebrale, l'inizio è meno brusco e a volte nettamente progressivo con segni premonitori, l'emiplegia si produce lentamente e il coma può mancare; se è provocata da embolia cerebrale, l'inizio è brusco, spesso senza coma profondo e le ricadute sono frequenti.

Il coma prolungato e la febbre elevata hanno una cattiva prognosi, così come l'accelerazione progressiva del polso e della respirazione. Se il malato sopravvive, il che accade abitualmente in caso di lesioni cerebrali di scarsa entità, spesso l'emiplegia regredisce, la motilità migliora più facilmente alle gambe che alle braccia.
Il pronto soccorso richiede molta prudenza perché un intervento irrazionale può riuscire dannoso: se il malato è caduto al suolo, va sollevato con precauzione, liberato da cravatta, colletto, cintura ecc., adagiato sul letto con la testa sollevata e, appena possibile, spogliato. L'ambiente deve essere silenzioso, semibuio e non troppo caldo. Sistemare il malato semiseduto, con il capo sollevato se è congestionato. Evitare di muoverlo, tenerlo in riposo assoluto e mettergli una borsa di ghiaccio sulla testa. Occorre anche sorvegliare il polso e la respirazione. La chiamata del medico è sempre urgente.

Come riconoscere l'ictus e come intervenire

INSONNIA

Eliminare anzitutto le comuni cause, legate per lo più a mancanza di igiene del sonno: cattiva ventilazione dell'ambiente, rumori, surriscaldamento.

Se non si ottiene alcun risultato, è opportuna la visita medica per accertare se sono in causa infezioni localizzate, nevralgie, malattie, intossicazioni. Infatti l'insonnia predomina, ad esempio, nell'ipertensione, nell'arteriosclerosi, nella polmonite, nell'uremia, nella meningite, nella sifilide cerebrale. L'insonnia si può avere anche in varie nevrosi e malattie mentali. Si manifesta pure con facilità in individui che fanno abuso di caffè, tè, tabacco oppure che siano stanchi per eccessivo lavoro. Nei bambini l'insonnia è frequente per infezioni acute, stitichezza, indigestione. Vi sono poi le insonnie da cause inorganiche, dovute a preoccupazioni, strapazzi, stati d'ansia, errori igienici, vita disordinata.

La cura dell'insonnia è subordinata alla causa che la provoca e alla eliminazione delle concause, come caldo o freddo eccessivi, rumori ecc. Consigli generali: mangiare a ore fisse, curando bene la masticazione; la cena deve essere leggera, povera di carboidrati e accompagnata da bevande in quantità moderata; l'ora più adatta per andare a dormire è quella che coincide con la fase di digestione massima, cioè da un'ora e mezza a due ore dopo il pasto. Prima di coricarsi è bene prendere un bagno o una doccia (acqua a 32°-37°), la camera non deve essere troppo riscaldata, la finestra deve rimanere socchiusa in inverno, aperta d'estate. Sopprimere tutte le bevande e gli alimenti eccitanti: caffè, tè, alcool, cioccolato, spezie, talora anche il fumo.

Per combattere l'insonnia, all'inizio si può ricorrere, e spesso con vantaggio, agli infusi di fiori di arancio, di camomilla, melissa, valeriana, passiflora. Per i bambini che soffrono di insonnia, curare l'igiene dell'ambiente, sopprimere i rumori, fare un bagno caldo, prima di coricarsi bere infusi di camomilla, di tiglio, di fiori di arancio.

Fra i rimedi sintomatici contro l'insonnia, quelli più in uso sono i farmaci ipnotici che però devono essere presi soltanto dietro prescrizione medica per non incorrere in pericolosi errori o in abusi sempre nocivi. Inoltre gli ipnotici a base di oppio o di oppiacei danno facilmente assuefazione e quindi, per avere effetto, inducono l'insonne a prenderli in dosi sempre più alte. In particolare, gli ipnotici non devono essere mai somministrati agli individui nervosi e a quelli affaticati.

I tranquillanti non hanno alcuna attività ipnotica, ma in alcuni casi possono essere utili.

LUSSAZIONI

Sono spostamenti fuori sede di un'articolazione in seguito a traumi (cadute, movimenti esagerati ecc.) che provocano anormali movimenti dei capi articolari. I sintomi sono dolore, deformazione della parte traumatizzata, difficoltà o impossibilità del movimento articolare. Le manovre per rimettere in sesto il capo articolare lussato (riduzione) devono essere eseguite al più presto, ma soltanto dal medico. Tentativi di persone inesperte o una riduzione tardiva possono complicare la lussazione e richiedere l'intervento chirurgico.

Dopo la riduzione, la parte lussata viene immobilizzata per alcuni giorni, poi sottoposta a cure fisiche (massaggi, raggi infrarossi, ultravioletti ecc.).

MAL DI TESTA

O cefalea, è un sintomo che compare in un grandissimo numero di malattie, sia lievi che gravi. Individuare la sua origine è spesso difficile, ma indispensabile per una cura razionale. La forma più comune di cefalea è quella vasomotoria, dovuta a un'alterazione intracranica. A questa forma appartengono la maggior parte delle cefalee, originate da malattie infettive, febbre, fame, intossicazioni da tabacco o da altro. La cefalea è frequente anche nell'ipertensione grave: si manifesta la mattina e di solito scompare durante il giorno e spesso è localizzata alla nuca. Altre cause di cefalea sono l'ipertensione endocranica, gli ematomi, gli ascessi e i tumori cerebrali, la meningite, la sifilide secondaria, i vizi oculari, gli sforzi visivi, l'otite media, la sinusite, le autointossicazioni e le intossicazioni, le anemie, le malattie cardiovascolari, l'insolazione, il calore, la nevrastenia, i disturbi psichici.

Il riposo fisico e mentale è un provvedimento fondamentale in tutti i casi. Alcune cefalee sono transitorie e regrediscono spontaneamente. Gli analgesici, il cui uso continuo e protratto deve essere sconsigliato, sono efficaci in molte cefalee di svariata origine. In qualche caso, in particolare nelle cefalee di origine psichica, i sedativi possono risultare molto utili.

L'emicrania è caratterizzata da crisi ricorrenti di cefalea con o senza alterazioni concomitanti a carico della vista e dell'apparato digerente. Questo disturbo ha spesso una base ereditaria e in certi casi una causa allergica, ormonale (soprattutto nella donna le cui crisi di emicrania sono sovente legate a crisi mestruali) e anche digestiva. Emozioni, alterazioni psichiche varie possono, a quanto sembra, predisporre all'emicrania. Essa è più frequente nelle donne che negli uomini e incomincia spesso prima dei 30 anni.

Le crisi di emicrania insorgono con accessi e durano da qualche minuto a qualche giorno, di solito 24 ore. Il dolore interessa, nei casi tipici, la metà della testa (da qui, appunto, il termine di emicrania) di solito a sinistra, può essere molto violento, continuo o pulsante e viene aggravato dai movimenti del capo. Le crisi emicraniche sono precedute o accompagnate quasi sempre da segni generali: irritabilità, nausea, vomito, stitichezza o diarrea. A volte sono precedute da disturbi visivi (scotoma scintillante con apparizione di figure brillanti a zig zag), a volte da alterazioni mentali, insofferenza per la luce, lacrimazione e arrossamento delle congiuntive. Al termine della crisi si ha emissione abbondante di urine. (Le crisi di emicrania non vanno confuse con quelle da nevralgia del trigemino, il nervo cranico che può essere sede di accessi molto dolorosi alla faccia).

Si può tentare di arrestare la crisi all'inizio con un bagno caldo, riposo a letto nell'oscurità, somministrazione di aspirina, ghiaccio sulla parte dolente, sedativi semplici. La prevenzione dell'emicrania è legata anzitutto alla cura della sua causa.

Comunque è sempre utile prendere provvedimenti igienici come limitare gli alimenti, (specialmente le carni), eliminare quelli che eventualmente provocano allergia (uova, cioccolato, ecc.), evitare l'alcool, il tabacco, dare la preferenza a latte, latticini, verdura, frutta, limitare il sale. Se l'emicrania si manifesta in periodo mestruale, ricercare e curare la probabile causa ormonale.

Le cause del mal di testa

Le cause del mal di testa

MORSI DI ANIMALI

I morsi di mammiferi domestici o selvatici vanno disinfettati e medicati come le comuni ferite.

Ma se il morso è di cane o di gatto (o anche di ratto o volpe), accertarsi che l'animale non sia malato di rabbia o idrofobia: in questo caso, e anche se vi è solo il sospetto, è necessaria la vaccinazione antirabbica la quale più presto viene iniziata, maggiori sono le probabilità di successo; trascorsi 10-14 giorni, i risultati sono dubbi. La vaccinazione è l'unico sistema efficace perché la rabbia è una malattia mortale contro la quale non esiste alcun farmaco.

La trasmissione avviene in genere con la saliva, sempre virulenta: per determinare l'infezione, basta che essa giunga a contatto con lesioni, anche minime, della pelle. Poiché il virus della rabbia si trova nella saliva dell'animale già da alcuni giorni (fino a 7-8) prima che esso manifesti i sintomi della malattia, e poiché dal momento della inoculazione alla manifestazione dei primi sintomi trascorre un periodo di incubazione variabile dagli 8-10 giorni ai 5-6 mesi, è evidente che non solo un animale randagio o selvatico, ma anche domestico può trasmettere la malattia se, a distanza di giorni o anche di mesi, è stato morso da un altro animale infetto.

Se l'animale è fuggito o è stato ucciso o è morto di malattia (anche se non si tratta di rabbia) entro il quindicesimo giorno dopo l'incidente, la vaccinazione antirabbica è sempre opportuna. Se invece l'animale è vivente, va affidato al veterinario che provvederà a isolarlo e a tenerlo sotto osservazione per 15 giorni: se sopravvive comunque e non risulta infetto, la vaccinazione della persona morsicata non è necessaria.

Il morso di vipera provoca dolore e tumefazione della zona colpita, la pelle si arrossa e poi diventa bluastra; compaiono poi sete intensa, aridità della bocca e della gola, vomito, diarrea, dolori addominali, vertigini e in seguito delirio, sonnolenza, rallentamento del polso e del respiro.

Il pronto soccorso consiste anzitutto nell'applicare un laccio al di sopra della ferita; aprirla con un oggetto tagliente fino a una profondità di circa mezzo centimetro, riunendo con l'incisione i due punti di entrata dei denti della vipera; spremere, succhiare più volte il sangue e sputarlo, purché labbra e bocca siano prive di lesioni anche lievi. Ogni 20 minuti circa, il laccio va allentato e spostato leggermente più sopra.

Appena possibile, la ferita va lavata con una soluzione di permanganato di potassio (1 g. in 100 g. di acqua bollita) e su di essa si applica un tampone di ovatta impregnato con la stessa soluzione. Oppure si fa una pennellatura con tintura di iodio.

A questo trattamento locale va aggiunta al più presto la cura generale che è sempre la più sicura, cioè l'iniezione intramuscolare di siero antivipera. (Quando la famiglia va in vacanza in montagna, è sempre prudente che porti con sé 2 fiale di siero antivipera e una siringa da 10 centimetri cubi). Per combattere i sintomi, in attesa del medico, caffè e tè caldi in abbondanza, alcool in modica quantità, vitamina C in forti dosi.

I morsi di ragni, nei casi lievi si curano con una semplice disinfezione mediante acqua ossigenata, alcool, tintura di iodio, acido fenico in alcool (all'1/10) o permanganato di potassio in acqua bollita (all'1/100). Nei casi gravi, e in particolare se il ragno è una malmignatta (Latrodect tredecim guttatus) praticare stesso trattamento locale come per il morso di vipera: incisione della ferita, spremitura, succhiamento, lavaggio con permanganato di potassio o pennellatura con tintura di iodio. Bagni caldi, eccitare la sudorazione, dare da bere caffè e tè, alcool in modica quantità. I morsi dei ragni, anche se lievi, vanno attentamente sorvegliati perché talvolta provocano reazioni allergiche oppure infezioni locali.

NEVRALGIE

Sono dolori che insorgono lungo il decorso di un nervo periferico e delle sue diramazioni e non sono accompagnati da disturbi della sensibilità.

Le nevralgie hanno cause locali (ferite, compressioni, infiammazioni di organi vicini ecc.) e generali (malattie croniche, intossicazioni, freddo).

Si manifestano ora bruscamente ora con lentezza, hanno durata e intensità variabile e possono ricomparire anche dopo lungo tempo.

Le nevralgie facciali interessano sovente solo la metà del viso. La loro forma più dolorosa è la nevralgia del trigemino che si manifesta periodicamente a carico dell'occhio, della regione sopramascellare e di quella mandibolare.

Le nevralgie brachiali provocano dolori al braccio (più forti verso la spalla che verso la mano), alla spalla, al collo, che si accentuano con il movimento il quale perciò diventa difficile.

Le nevralgie intercostali sono localizzate al livello del torace, lungo le costole: si distinguono da dolori di altra origine (in particolare quelli cardiaci) perché aumentano con l'inspirazione profonda e la tosse.

Spesso particolarmente dolorosa è la nevralgia sciatica: parte da una natica, scende verso la zona posteriore della coscia e della gamba; se si tiene la gamba tesa con il tallone sollevato, il dolore diventa più forte.

Il trattamento generale delle nevralgie è anzitutto il calore: compresse calde, unguenti revulsivi, pennellature di tintura di iodio, applicazione di tessuti di lana. Somministrare aspirina, sopprimere caffè, alcool, tabacco e appena possibile visita medica per curare la causa della nevralgia.

OCCLUSIONE INTESTINALE

È la chiusura del canale intestinale per cause meccaniche (torsione o invaginamento di un'ansa, ernia strozzata, tumori ecc.) o per cause dinamiche (spasmi intestinali, malattie infettive acute, paralisi intestinale da peritonite acuta, coliche, shock traumatico ecc.). I sintomi sono: dolori improvvisi e diffusi all'addome, meteorismo (accumulo di gas intestinali), stitichezza, vomito prima alimentare, poi biliare, infine fecaloide; in seguito, singhiozzo, caduta della temperatura, urine scarse, polso piccolo e, nelle forme acute, rapidi segni di collasso. Nell'occlusione cronica, i sintomi sono meno netti. Spesso è necessario l'intervento chirurgico, perciò il ricorso al medico e il trasporto in ospedale sono urgenti. Nell'attesa, mettere una borsa di ghiaccio sul ventre, non dare nulla da mangiare e pochissimo da bere, soltanto acqua a piccoli sorsi.

OTITE

È una infiammazione più o meno profonda dell'orecchio, a seconda che si tratti di otite esterna o di otite media. Nei bambini l'otite può essere latente e manifestarsi con sintomi generali; durante il primo biennio di vita, spesso l'otite dell'orecchio medio è indolore e quindi può passare, inosservata, aggravandosi.

L'otite esterna è provocata da irritazioni e infezioni di varia natura (grattamenti, escoriazioni), da piccoli foruncoli del condotto uditivo, ecc. I sintomi sono tumefazione, dolore molto forte che si prolunga verso la mascella e può provocare una leggera sordità; si può avere anche febbre. A volte, dopo qualche giorno, questi segni sono seguiti da una fuoriuscita di pus. Per calmare i dolori e accelerare l'evoluzione dell'otite, compresse caldo-umide sul padiglione dell'orecchio e pastiglie di aspirina. Per prevenire, arrestare o curare la suppurazione, introdurre nell'orecchio striscioline di garza imbevute di antibiotici. Se l'otite non si risolve in pochi giorni, è necessario ricorrere al medico.

L'otite media è situata dietro al timpano e spesso è una complicanza di una infezione naso-faringea.

Il dolore è molto forte, profondo. Si avvertono dei ronzii, la febbre è per lo più intermittente e i sintomi generali sono simili a quelli dell'otite esterna, ma più accentuati. La malattia ha una durata di 10-20 giorni, ma fin dall'inizio è necessario chiedere la visita medica. Nell'attesa, se non vi è suppurazione instillare nel condotto uditivo, ogni 2 ore, alcune gocce di glicerina fenica tiepida, applicare compresse caldo-umide sul padiglione dell'orecchio, somministrare pastiglie di aspirina.

Se invece vi è suppurazione, non fare più uso di glicerina fenica ma lavare l'orificio dell'orecchio con acqua borica e introdurre nel condotto uditivo una strisciolina di garza asciutta o, meglio, imbevuta di antibiotici.

PERITONITE

Infiammazione del peritoneo che può essere acuta o cronica, circoscritta o diffusa. È dovuta alla presenza di germi che giungono nella cavità peritoneale o dall'esterno (traumi, ferite penetranti dell'addome o del torace) oppure dall'interno (perforazioni di ulcere gastriche, duodenali, dell'appendice) o per via linfatica o sanguigna. La peritonite cronica è spesso di natura tubercolare; quella acuta di origine appendicolare.

I sintomi principali della forma acuta sono forte dolore all'addome, prima circoscritto e poi diffuso, che si accentua alla palpazione ed è massimo in corrispondenza del massimo punto di dolore spontaneo; contrattura prima circoscritta e poi diffusa della parete addominale; vomito, singhiozzo, stitichezza o diarrea, sete intensa, urine scarse; polso filiforme, frequentissimo, respiro frequente e superficiale; febbre dapprima assente, poi a 39°-40°C, in seguito meno forte. Il viso del malato ha un aspetto caratteristico: pallore grigiastro, naso affilato, occhi infossati, smorti, lineamenti fortemente stirati.

La peritonite acuta è una malattia grave, con esito rapidamente mortale se non viene subito curata.

Perciò è di vitale importanza diagnosticarla all'inizio: il sintomo principale è la contrattura dei muscoli addominali, nettamente percepibile in modo circoscritto o diffuso dallo stesso malato e ponendo il palmo della mano sull'addome. La terapia consiste nell'intervento chirurgico d'urgenza. In attesa del trasporto in ospedale, mettere una borsa di ghiaccio sull'addome del peritonitico, non somministrargli cibi né bevande (umettare soltanto le labbra con acqua) e tanto meno purganti o clisteri. La cura chirurgica dell'appendicite è il sistema migliore per la prevenzione di una eventuale peritonite che potrebbe insorgere all'improvviso.

PUNTURE DI INSETTI

Cioè di zanzare, api, vespe, calabroni ecc. Se sul punto colpito è rimasto infisso il pungiglione, estrarlo con cautela mediante una pinzetta per non premere la vescicola del veleno che va tolta per prima. Per combattere il dolore, il bruciore e il prurito, impacchi freddi di aceto o di ammoniaca diluiti oppure applicazioni di foglie fresche, petali di fiori, patate crude, limone. Se la puntura è sulle labbra o nella bocca (nella gola, può provocare accessi di soffocazione: gargarismi con acqua molto salata, immediato trasporto in ospedale) si può ricorrere a miele, zucchero, olio, grasso, bicarbonato di sodio. Se si manifestano sintomi generali (costrizione del laringe, angoscia, nausea, respiro e polso frequenti, pallore, sudore) somministrare caffè forte e provvedere per il ricovero urgente in ospedale. Le punture di insetti, anche se lievi, vanno attentamente sorvegliate perché talvolta provocano infezioni locali.

Per evitare di essere punti da api o da vespe, bisogna non avvicinarsi troppo ai loro nidi o, peggio, disturbarli. Se uno di questi insetti vi ronza intorno o si posa su voi, non cercate di scacciarlo con gesti bruschi, ma restate immobili, in attesa che se ne voli via spontaneamente.

PRURITO

Può essere il sintomo di svariate malattie: autointossicazioni (come diabete, gotta, nefrite azotemica, ittero ecc.), intossicazioni alimentari, dermatosi infiammatorie (eczema, lichen planus, psoriasi ecc.), malattie parassitarie (scabbia, pediculosi, parassiti intestinali ecc.), malattie del sangue, (morbo di Hodgkin, anemie ipocrome ecc.), avitaminosi (A, B2, C), insufficienze ormonali, neuropatie, stati ansiosi, isterici, ossessivi. Il prurito può essere anche il sintomo di infiammazioni o di allergie della pelle provocate da caldo, freddo, saponi, detersivi, profumi, cosmetici, pomate, indumenti di fibre sintetiche. Oppure è legato a stati particolari come gravidanza, menopausa, senilità.

La terapia consiste anzitutto nell'eliminazione delle cause, quando è possibile individuarle. Comunque, cercare di evitare il grattamento, che può aggravare e complicare l'irritazione cutanea.

Dieta priva di grassi, alimenti conservati, formaggi fermentati, crostacei e frutti di mare, tè, caffè e alcool. Limitare i bagni, usare sapone neutro, evitare i profumi. Nel prurito generalizzato, se c'è secchezza della pelle, niente sapone, solo bagni tiepidi seguiti da applicazioni di talco mentolato o di alcool mentolato o di pomate acquistate dietro prescrizione medica.

Forte prurito si ha anche nell'orticaria, caratterizzata da eruzione cutanea di colorito variabile dal rosso al biancastro, talora con febbre, nausea, vomito, diarrea. Spesso l'orticaria è un sintomo di allergia provocata da cause molteplici come alimenti, tossine batteriche, freddo, caldo, luce, medicinali. La terapia consiste anzitutto nell'individuare ed eliminare l'antigene, ossia l'agente fisico, chimico o biologico che ha provocato la sensibilizzazione allergica. Se l'orticaria tende a sparire spontaneamente o persiste, sono comunque utili bagni parziali o totali, freschi o molto caldi, meglio se addizionati con amido (500 g. per bagno) o con ammoniaca (30 g. per bagno) o con aceto (1 litro per bagno) o con crusca (500 g. per bagno in un sacchetto immerso).

REUMATISMI

Il reumatismo articolare è una infiammazione delle articolazioni che, nella forma acuta si arrossano, si gonfiano e poi diventano dolorose. La malattia, di origine infettiva, è preceduta o accompagnata da angina (infiammazione della gola), sinusite, otite a cui si associano febbre irregolare a 38°-39° C, sudorazione profusa, inappetenza. Il reumatismo articolare acuto, favorito dal clima freddo e umido, colpisce soprattutto gli adolescenti.
Dura 2-3 settimane, scompare lentamente e può avere ricadute, oppure passare alla forma cronica. È particolarmente temibile perché può lasciare strascichi a carico del cuore (endocarditi e pericarditi) perciò richiede la chiamata urgente del medico per iniziare immediatamente la terapia.

Il malato deve stare in riposo assoluto a letto in una camera arieggiata ma non fredda e senza correnti per non raffreddare il suo corpo che è in continua sudorazione. Curare la pulizia del corpo e della bocca; provvedere al regolare svuotamento dell'intestino; permanenza a letto fino a completa scomparsa di tumefazioni articolari anche lievi; controllare il polso, il respiro e la temperatura durante la convalescenza.

Il reumatismo muscolare si differenzia dall'articolare perché è l'infiammazione di muscoli a causa del freddo umido, lesioni o alterata nutrizione delle fibre muscolari, malattie infettive (sifilide, blenorragia ecc.). Il reumatismo muscolare è favorito anche dall'obesità, dalla gotta, dal diabete, dall'uricemia. Provoca dolore spontaneo e nei movimenti; può dare anche febbre. Sono colpiti specialmente i muscoli del collo (torcicollo), della regione lombare (lombaggine), intercostali e della spalla.

La cura si fonda sul riposo, sulla somministrazione di aspirina, applicazioni locali calde (panni caldi, borsa di acqua calda, cataplasmi, termoforo), linimenti con sostanze revulsive e calmanti. Si tratta però di una terapia sintomatica, nel caso che non sia possibile individuare l'origine del reumatismo muscolare. Se invece viene trovata, la cura va diretta contro la malattia causale. In generale, gli individui soggetti a reumatismo muscolare devono evitare gli sforzi, il freddo umido, l'uso eccessivo di carne, le spezie e l'alcool.

SHOCK TRAUMATICO

È un pericoloso stato di depressione generale che si manifesta in seguito a forti traumi. Può essere immediato, ma più spesso appare pochi minuti dopo l'incidente; a volte dopo alcune ore o addirittura a distanza di giorni. Le cause più frequenti sono traumi accidentali al cranio, al torace, all'addome, contusioni larghe e profonde, fratture multiple, vaste ferite, gravi emorragie, ustioni estese, congelamenti, avvelenamenti, forti emozioni. La comparsa dello shock è favorita e aggravata dal dolore, dalla paura, dalla stanchezza, dal freddo.

Nei casi lievi, lo shock si riduce a uno stato transitorio di malessere generale. Negli altri casi, che se non curati con la massima urgenza hanno talvolta esito mortale, si hanno i seguenti sintomi: l'infortunato, spesso in agitazione subito dopo l'incidente, diventa inerte, apatico, ma resta cosciente; la pelle è pallida, fredda (soprattutto alle mani e ai piedi), umida di sudore, le labbra e le unghie sono bluastre, le pupille dilatate e con scarsa reazione superficiale, il polso piccolo, frequente, irregolare, la respirazione superficiale e un poco accelerata, la temperatura e la pressione inferiori al normale.

Il traumatizzato che manifesta i primi sintomi di shock deve essere trasportato al più presto in ospedale. Nell'attesa, adagiarlo in posizione orizzontale e metterlo a riposo evitando rumori e agitazioni, confortarlo, slacciargli colletto, polsini, cintura, tenerlo con la testa bassa e le gambe più alte del resto del corpo; se ha vomito, voltarlo da un lato per impedire l'aspirazione in trachea del materiale vomitato; mettergli una borsa di acqua calda sulle mani e sui piedi, una coperta di lana sul corpo; se è in grado di bere dargli caffè forte, alcoolici in piccola quantità, bevande calde o semplicemente acqua a piccoli sorsi. Se è fratturato, immobilizzare provvisoriamente i monconi ossei; se l'infortunato ha anche perdita di sangue, farla cessare con la compressione oppure con l'applicazione di un laccio secondo le istruzioni contenute nella voce Emorragie.

SINGHIOZZO

È una contrazione del diaframma provocata da irritazione centrale o periferica del nervo frenico.
Se fugace o intermittente, il singhiozzo non riveste gravità né urgenza. Ma può sopravvenire ad attacchi perfino di 100 e più al minuto, prolungarsi per ore e addirittura per giorni, associarsi a vomito, impedire l'alimentazione e il sonno.

Le cause del singhiozzo possono essere riflesse: per irritazione della zona inferiore dell'esofago in seguito a ingestione di sostanze eccessivamente calde o fredde o irritanti; per abuso di alcool o di nicotina; per aerofagia o per spasmo dell'esofago; per gastriti, enteriti, appendiciti, peritoniti. Vi sono poi le cause che provocano direttamente l'irritazione al nervo frenico: pleurite diaframmatica pericardite, uremia, meningite, epilessia, diabete ecc. E vi sono pure cause psichiche: psicosi, nevrosi isterica, shock emotivi.

Esistono svariati metodi empirici per far cessare il singhiozzo: trattenere il respiro con il capo rovesciato all'indietro, il più a lungo possibile; respirare profondamente, 40-50 volte al minuto; annusare sali aromatici; tirare la lingua o premerla con il manico di una posata. Utili possono essere: la somministrazione di pezzetti di ghiaccio; la ingestione rapida di acqua; il piegarsi sulle gambe in modo da premere sul diaframma; la pressione sui bulbi oculari; l'applicazione di ghiaccio sul collo; l'applicazione di una borsa di ghiaccio, o all'opposto di acqua calda, sullo stomaco.

STITICHEZZA

O stipsi, consiste nel ritardo o nella difficoltà nell'evacuazione delle feci, o in una evacuazione insufficiente. La frequenza delle evacuazioni è variabilissima da un individuo all'altro: essa dipende dalle abitudini personali, dalla qualità e dalla quantità degli alimenti ingeriti e dallo stato emotivo dell'individuo. Alcuni hanno 2-3 evacuazioni al giorno senza che si possa parlare di diarrea; altri una sola ogni 2-3 giorni senza che si possa parlare di stitichezza. La stitichezza può essere transitoria (degenza prolungata a letto, malattie infettive del fegato e delle vie biliari, coliche appendicolari, epatiche, renali, ecc.) oppure cronica (vita sedentaria, scarsità di alimenti liquidi o di quelli ricchi di cellulosa, abitudine di non evacuare quando se ne avverte lo stimolo, disturbi psichici, distonia neurovegetativa, lesioni anali dolorose, gravidanza).

La stitichezza provoca inappetenza, alito fetido, accumulo di gas nell'intestino, aggrava le emorroidi e le ragadi anali, è accompagnata da disturbi generali prodotti dall'assorbimento delle sostanze tossiche trattenute, le quali agiscono sul sistema nervoso e sul sangue (cefalea, vertigini, pallore della pelle, astenia, a volte febbricola eccetera), peggiora i disturbi neuropsichici, può complicarsi in colite con alternanza di stitichezza e diarrea.

Molto numerosi sono gli stitici cronici i quali aggravano il loro disturbo facendo uso di lassativi a dosi sempre crescenti. Infatti i lassativi sono sostanze più o meno irritanti le quali, a lungo andare, provocano gastriti, enteriti, coliti e molti disturbi secondari che lo stitico attribuisce erroneamente alla stitichezza: perciò egli aumenta la dose dei lassativi e, perseverando così nell'errore, entra in un circolo vizioso che è difficile interrompere.

Per curare la stitichezza bisogna anzitutto correggere la dieta aumentando la quantità di cellulosa (verdura e frutta in abbondanza), riducendo al minimo la pasta, le patate, il riso, la cioccolata, bevendo con una certa abbondanza a cominciare con un bicchiere di acqua alla mattina a digiuno. Giovano anche le passeggiate, la ginnastica, gli sport. Inoltre è necessaria la rieducazione, cioè lo stitico deve tentare di evacuare, anche se non ne sente lo stimolo, a ora fissa, preferibilmente dopo i pasti utilizzando, se necessario, una supposta di glicerina per stimolare il riflesso di evacuazione.

Lassativi e clisteri devono essere aboliti. Tuttalpiù si può fare uso, temporaneamente, di un cucchiaio di olio d'oliva al mattino a digiuno. La frutta cotta (in particolare i fichi e le prugne secche lasciati macerare durante la notte) consumata al mattino a digiuno è spesso efficace.

SUPPURAZIONE

È la produzione di pus in conseguenza di una infezione da germi della suppurazione (stafilococchi, streptococchi) in lesioni della pelle, foruncoli eccetera, che può formare ascessi (raccolte di pus) sottocutanei (flemmone, patereccio, ecc.) oppure dei linfonodi (adenite suppurativa) della mascella (spesso per malattie dei denti), delle tonsille, delle articolazioni, della pleure ecc. Sintomi di suppurazione sono rossore, calore, tumefazioni, dolore, lesa funzionalità dell'organo, febbre remittente. Se resta allo stadio iniziale, la suppurazione può venire riassorbita spontaneamente. Ma il più delle volte forma un ascesso che in pochi giorni è maturo e si svuota in seguito a ulcerazione, oppure deve essere inciso.

La somministrazione di antibiotici (su ricetta medica) spesso è sufficiente per fermare la suppurazione. Come primo provvedimento, si può ricorrere all'applicazione di impacchi caldo-umidi o a bagni locali con una soluzione di permanganato di potassio. Una complicazione temibile è la pioemia, cioè la penetrazione nel sangue di pus. I sintomi sono febbre alta intermittente, sudorazioni profuse, sonnolenza, respiro superficiale, tachicardia, vomito, diarrea. Se poi i germi della suppurazione penetrano nel sangue e si moltiplicano, provocano la setticemia portando l'infezione a tutto l'organismo. I sintomi sono eguali a quelli della pioemia, con la differenza che si ha febbre alta di tipo continuo. La cura della pioemia e della setticemia, che deve essere iniziata d'urgenza, consiste nella somministrazione di antibiotici ad alte dosi, sieri, vaccini, sulfamidici e altri provvedimenti terapeutici che devono essere sempre decisi dal medico.

L'ascesso è una raccolta di pus provocata dalla penetrazione di germi della suppurazione (stafilococchi, streptococchi, ecc.) attraverso ferite, iniezioni con ago o liquido non sterile, oppure proveniente da altre parti del corpo (denti, tonsille, mammelle, articolazioni, pleure, ecc.).

Sulla parte nella quale va costituendosi una raccolta purulenta si notano i segni dell'infiammazione e cioè rossore, calore, tumefazione, dolore, funzionalità ridotta. Si notano spesso anche sintomi generali con febbre e malessere.

L'evoluzione naturale dell'ascesso comune (ossia di quello sottocutaneo) è verso la guarigione spontanea perché la raccolta di pus tende a salire in superficie e aprirsi all'esterno. La si può facilitare con compresse caldo-umide o con bagni locali in una soluzione di permanganato di potassio. Oggi la cura più rapida è fondata sull'azione degli antibiotici o, se l'ascesso è in fase avanzata, sull'incisione chirurgica.

Finora si è parlato dell'ascesso acuto o caldo; esiste però anche l'ascesso cronico o freddo, prodotto da lesione ossea tubercolare e che tende a raggiungere la superficie cutanea per aprirsi all'esterno con formazione di una fistola. La raccolta di pus (che ha caratteri del tutto differenti da quelli dell'ascesso caldo) si forma in modo lento e subdolo, senza fenomeni appariscenti e senza dolore. Anche la cura è differente: l'ascesso freddo non va mai inciso, ma il medico provvederà a estrarre il pus con una siringa e a immettere nella cavità ascessuale un farmaco adatto. L'ascesso freddo può complicarsi se viene infettato da germi della suppurazione.

L'adenite, è l'infiammazione, causata generalmente da una ferita infetta, di un linfonodo che diventa gonfio, duro, mobile, dolente. La febbre può essere assente oppure manifestarsi in grado modico o elevato. È più facile che l'adenite si risolva spontaneamente, e ciò può essere facilitato applicandovi impacchi caldo-umidi. L'adenite può complicarsi con la suppurazione, egualmente curabile al principio, con impacchi caldo-umidi. Comunque è meglio cercare la porta di entrata dell'infezione, se non è evidente, allo scopo di curarla. Se l'infiammazione o la suppurazione sono forti, la febbre elevata e lo stato generale perturbato, è opportuna la visita medica. L'adenite è più frequente nelle ghiandole del collo, dell'ascella e dell'inguine e provoca difficoltà di movimento della testa, delle braccia e delle gambe. Un tipo particolare di adenite è quella tubercolare che decorre lentamente e, di solito, senza febbre.

SVENIMENTO

O lipotimia, è un rallentamento delle funzioni mentali che si risolve senza perdita della coscienza. Se invece vi è perdita improvvisa della coscienza, si tratta di collasso o sincope. Le cause sono svariate: violenta emozione, forte dolore, caldo o freddo eccessivi, disturbi cerebrali, lesioni polmonari, gravi emorragie interne, malattie cardiovascolari e infettive, anemie, isterismo, epilessia, intossicazioni ecc.

Sintomi: malessere, senso di mancamento, perdita delle forze, cefalea, ronzii agli orecchi, nausea, angoscia, pallore, sudorazione profusa, dilatazione delle pupille. Nella sincope completa si ha rilasciamento muscolare assoluto, insensibilità totale, occhio vitreo, pupilla dilatata e insensibile alla luce, polso impercettibile, pulsazioni cardiache lente e appena udibili, respiro superficiale. La durata è molto breve; se si prolunga, è indice di gravità.

Se si tratta di un lieve svenimento, è sufficiente sdraiare il paziente sulla schiena con la testa più bassa rispetto al resto del corpo tenuto in posizione inclinata. Togliere rapidamente ogni indumento che rappresenti una costrizione o un ostacolo alla circolazione sanguigna e alla respirazione (cravatta, colletto, cintura, ecc.). Ventilare il paziente, stimolarlo con spruzzature di acqua fredda sul volto, caldo intorno alle mani e ai piedi, frizioni aromatiche con aceto o acqua di colonia, caute inalazioni di ammoniaca o aceto. Se il paziente deglutisce, somministrargli caffè forte o alcool in modica quantità. Se invece, nei primissimi minuti, non accenna a riprendersi, non esitare a praticargli la respirazione artificiale e il massaggio cardiaco in attesa dell'arrivo del medico che deve essere chiamato con urgenza.

USTIONI

Comunemente dette scottature o bruciature, possono essere provocate, oltre che dalla fiamma, da corpi solidi, liquidi o gassosi ad alta temperatura, da sostanze caustiche acide o alcaline e da scariche elettriche. Ustioni sono causate anche da prolungata esposizione, non solo d'estate ma anche d'inverno, ai raggi ultravioletti solari diretti o riflessi da acqua, ghiaccio, neve.

Le ustioni si distinguono in tre gradi:

1° grado: eritema, cioè arrossamento e leggera tumefazione degli strati cutanei superficiali, con senso di bruciore.

2° grado: eritema e formazione di flittene, cioè di bolle piene di siero.

3° grado: ustione profonda, che interessa i tessuti sottocutanei, i muscoli, talvolta le ossa, che restano distrutti.

La gravità dell'ustione è in rapporto più all'estensione della superficie scottata che alla profondità: ustioni che interessano il 10-15% della superficie corporea, siano esse anche solo di primo e di secondo grado, sono sempre gravi.

Nel pronto soccorso, accorgimento fondamentale è evitare a tutti i costi l'infezione toccando il meno possibile le zone bruciate. Per le ustioni di primo grado, applicazioni fredde con ghiaccio o compresse imbevute di acido borico al 3 per 100.

Per le ustioni di secondo grado, impacchi di acido borico al 3 per 100 o di acido tannico al 2 e mezzo per 100 o di amuchina al 2 per 100. Nelle ustioni di terzo grado, impacchi come in quelle di secondo grado. Nelle ustioni di primo grado si possono applicare anche pomate risolventi come vaselina borica o ossido di zinco.

Nelle ustioni di secondo e terzo grado che siano piuttosto estese o profonde, si procede dapprima alla loro pulizia accurata con acqua e sapone poi con benzina o etere mentre la pelle attorno alla zona ustionata va disinfettata con tintura di iodio. Le flittene vanno punte vicino alla base (con un ago arroventato e lasciato raffreddare) e svuotate delicatamente del siero che contengono. Per medicare si può ricorrere alla tannizzazione, cioè si fa uso di una soluzione di tannino (25 g.) e bicarbonato di sodio (5 g.) in un litro di acqua distillata. Con un comune spruzzatore (come quello che si usa per i profumi) oppure con una siringa da 20-50 centimetri cubi munita di ago sottilissimo si asperge l'ustione ogni mezz'ora per 3-4 ore.

Si ricopre con una garza sterile e imbevuta della stessa soluzione soltanto quando si è formata una crosta nera la quale si distacca al dodicesimo-quattordicesimo giorno, mentre l'ustionato non accusa più dolore. Nei giorni successivi, si pennellano i margini dell'ustione con alcool o con tintura di iodio diluita.

Per ustioni poco estese, si applica una pomata formata da vaselina (70 parti) e olio di fegato di merluzzo (30 parti). Oppure si ricorre alla fasciatura compressiva: la parte ustionata, dopo una pulizia accurata, viene medicata con polvere di sulfamidici e penicillina, ricoperta con uno strato di garza imbevuto di olio di vaselina sopra il quale si pongono altri strati di garza asciutta, poi ovatta e si fascia.

Se le ustioni sono molto estese, è necessario il ricovero urgente in ospedale. Nell'attesa, non spogliare l'ustionato, non bendarlo, non applicare nessuna medicazione, ricoprire con un pezzo di tela ben pulita le parti ustionate, avvolgere l'infortunato in un lenzuolo, mettergli addosso una coperta di lana ma non riscaldarlo in nessun modo.

Il sintomo generale più temibile è lo shock che si annuncia già nelle ustioni di primo grado sotto forma di accelerazione del polso, secchezza della lingua ecc., mentre nel secondo e nel terzo grado i disturbi possono essere imponenti e mettere l'infortunato in pericolo di morte, a seconda della gravità e soprattutto dell'estensione delle ustioni: si ha agitazione, insonnia, convulsioni o stati di depressione con affanno del respiro, polso piccolo e frequente, disturbi intestinali e renali.

Lo shock primario, che insorge immediatamente o entro 2 ore dall'incidente, in genere è transitorio; invece quello secondario, che si manifesta da 2 a 48 ore dall'incidente, spesso è più grave. I primi provvedimenti da prendere in caso di shock da ustioni sono il riposo assoluto in ambiente riscaldato a 20-25° C, ma senza applicare sul corpo del paziente fonti di calore. Somministrare caffè forte, alcool allungato con acqua e seguire tutte le altre norme indicate per lo shock traumatico. Nel bambino, le ustioni sono più gravi che nell'adulto, anche se la superficie corporea ustionata è proporzionalmente minore. Se vi sono ustioni di terzo grado, l'intervento del medico è quasi sempre necessario; ed è ancora più urgente se si tratta di ustioni estese di primo e secondo grado.

VANEGGIAMENTO

Detto più comunemente delirio, o stato delirante, è uno stato di turbamento delle facoltà mentali, provocato il più delle volte da malattie infettive febbrili con sintomi di eccitazione o obnubilamento della coscienza, che si manifesta con illusioni, allucinazioni, discorsi incoerenti, gesticolazioni, agitazione, grida, tremore generale. Porre a letto l'ammalato nel caso che non ci sia già, allontanare tutte le persone estranee all'assistenza, badare che il malato non si faccia male, non rispondere alle sue domande né alle sue osservazioni, cercare di persuaderlo a stare calmo e fermo, dargli da bere solo acqua, non somministrargli alcun calmante e non applicargli alcun mezzo di contenzione (legature ecc.) senza la prescrizione del medico. Sorveglianza assidua fino a quando il delirio è sicuramente finito. I bambini, più facilmente degli adulti, vanno soggetti al delirio perché le loro reazioni febbrili sono generalmente più forti.

VOMITO

Le sue cause sono molto varie: indigestione, malattie dello stomaco e dell'intestino, disordini epatici, coliche biliari, appendicolari e renali, malattie cardiovascolari, autointossicazioni, avvelenamenti, apoplessia e commozione cerebrali, cefalea, malattie infettive acute, disfunzioni ormonali, isterismo, shock, emozioni ecc. La nausea precede e accompagna il vomito, a eccezione di quello di origine cerebrale. Il vomito è liquido se contiene solo succo gastrico, talvolta verdastro a causa della bile o rossastro per la presenza di sangue; alimentare se contiene frammenti del pasto precedente; fecaloide se vi è un riflesso del contenuto intestinale.

Il vomito non va represso quando è utile per eliminare sostanze nocive o quando è provocato da infezioni febbrili; va incoraggiato negli avvelenamenti. Quando invece diventa insistente e pericoloso e non si riesce a eliminarne la causa, i provvedimenti da prendere sono i seguenti: riposo assoluto in posizione sdraiata, fasciatura compressiva o applicazione di borsa di ghiaccio sullo stomaco, sospensione dell'alimentazione, somministrazione di bevande ghiacciate oppure di bevande molto calde a piccoli sorsi, oppure di pezzetti di ghiaccio. Se il vomito persiste, se in esso si notano tracce di sangue e se lo stato generale si aggrava, occorre chiedere la visita medica urgente.

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